Roma – È durato quasi un’ora in più del previsto il faccia a faccia tra il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e la sua omologa tedesca, Angela Merkel. Segno che nel corso del pranzo di lavoro presso la sede della cancelleria federale, a Berlino, si sia discusso molto per trovare un punto d’incontro sulle principali controversie che segnano una distanza tra Italia e Germania. L’intesa che non sembra però essere stata raggiunta, a giudicare dalle dichiarazioni dei due leader in conferenza stampa.
Dopo che Merkel ha sottolineato quanto sia “urgente realizzare l’agenda di collaborazione tra Ue e Turchia” per la gestione dei profughi siriani, Renzi ha ribadito la posizione italiana sul finanziamento da 3 miliardi di euro ad Ankara: “L’Italia ha detto sì il 29 novembre e non ha cambiato idea”, ma per sbloccare la quota che il nostro Paese deve mettere sul piatto, 281 milioni, “stiamo aspettando delle risposte dalle istituzioni europee sul modo di concepire questo contributo e gli altri” fondi “che servono per l’immigrazione”. In sostanza, la tranche italiana rimane bloccata finché la Commissione europea non chiarirà se intende scorporare o meno queste risorse dal Patto di stabilità.
L’invito che l’inquilino di palazzo Chigi rivolge a Bruxelles, affinché si sciolga in fretta questo dubbio, si trasforma in una occasione per lanciare l’ennesima frecciatina all’esecutivo comunitario. “I nostri amici della Commissione hanno sempre tempo per fare considerazioni e chiacchierare con i giornalisti – riferimento palese ai giudizi sull’Italia fatti spesso trapelare come rumors da Palazzo Berlaymont, e che infastidiscono non poco il premier – quindi sono certo che avranno anche il tempo per fare queste valutazioni” su come intendono considerare gli aiuti alla Turchia.
L’altra questione che rimane annodata riguarda la flessibilità sui conti pubblici. Riconoscerla è un compito che spetta alla Commissione europea, ma Renzi ha provato a ottenere dalla sua “amica Angela” la disponibilità a spendere con l’esecutivo europeo una buona parola in favore dell’Italia. Niente di fatto. Merkel rimane insensibile e lo gela: “Non mi immischio in queste cose, per fortuna la decisione spetta alla Commissione”.
Hai voglia a sottolineare che “l’Italia non crede si possa tornare a politiche allegre di bilancio”, e che “le politiche di austrity da sole non funzionano, portano alle sconfitte (elettorali, ndr) dei governi” e all’avanzata del populismo. “Non so se su questo siamo sempre d’accordo”, è stato costretto ad ammettere il presidente del Consiglio. Allora non gli è rimasto che appellarsi direttamente a Jean Claude Juncker, ricordandogli che “la flessibilità è stata una condizione” perché anche il Pd – partito più forte all’interno del Pse – accettasse la sua nomina alla guida della Commissione europea. “Spero che adesso non abbia cambiato idea” sulla flessibilità, ha aggiunto Renzi.
Certo, non sono mancati i punti di contatto tra i due leader dei partiti più votati d’Europa. La comunanza di intenti riguarda l’attenzione verso l’economia digitale, la lotta contro gli scafisti nel Mediterraneo, la necessità di stabilizzare la Libia e la Siria, di mantenere alto l’interesse verso i Balcani e di “fare di tutto” per scongiurare la Brexit e “mantenere il Regno unito all’interno dell’Ue”, ha sottolineato Merkel, ricordando che “l’ultima parola spetterà ai cittadini britannici” con il referendum.
L’unico aspetto sul quale Renzi (che, come anticipato ieri da Eunews, ha portato a Berlino anche il prossimo rappresentante permanente presso l’Ue, Carlo Calenda) è riuscito a strappare qualcosa è forse la richiesta di una maggiore considerazione come partner nell’Ue e sulla scena internazionale. La Germania si appresta ad assumere la presidenza del G20 e l’Italia quella del G8, e in comune “abbiamo concordato l’agenda degli appuntamenti”, ha informato il premier. Dal canto suo, Merkel ha annunciato che “insieme organizzeremo un incontro economico internazionale” di alto livello “per discutere di economia digitale”. Il cancelliere starà forse più attenta a non indispettire il collega italiano, invitandolo agli (o almeno informandolo degli) incontri bilaterali con il presidente francese Francois Hollande. Ma in economia nulla da fare, il rigore tedesco non si abbandona.