Bruxelles – Per la prima volta dopo anni, l’Ue ha detto basta ai tagli nelle spese militari e si avvia verso un incremento del budget per la Difesa. Lo ha spiegato il Segretario Nato, Jens Stoltenberg, al lancio del Report annuale Nato a Bruxelles. “Dopo molti anni di sostanziale riduzione nelle spese per la Difesa – ha sottolineato Stoltenberg – i tagli si sono praticamente arrestati tra alleati europei e Canada e nel 2015 i tagli per la difesa sono stati vicini allo zero”.
Fatti che fanno seguito a quanto deciso nel 2014. Allora, ha ricordato Stoltenberg, “i leader Nato dell’Ue e del Canada hanno stabilito di ridurre i tagli per poi aumentare gradualmente la percentuale di Pil da destinare al settore” fino ad arrivare ad un budget per la Difesa pari al 2% del Pil. Una decisione presa non ‘dall’alto’ della Nato ma dagli stessi 28, Italia inclusa. Quella scelta, che è stata applicata in modo difforme dai diversi membri dell’Alleanza atlantica, ha fatto si che “complessivamente vi sia stato per il 2015 un numero di tagli vicino allo zero”. Secondo Stoltenberg, quello del 2015 è un “buon primo passo”, visto che sedici Paesi hanno aumentato le spese per la difesa, anche se soltanto cinque hanno raggiunto il 2% concordato.
In controtendenza la situazione dell’Italia che, secondo il report della Nato, ha consacrato alla Difesa, nel 2015, lo 0,95% del Pil, con un calo del 12,4% rispetto alle spese del 2014. La riduzione più consistente per le spese militari tra tutti i Paesi europei.
Per il segretario Nato oggi i Paesi si trovano ad affrontare sfide che sono “le più gravi in questa generazione” e che vengono “soprttutto da est e da sud del Continente europeo”. In particolare, destano preoccupazione “la continuazione delle azioni russe in Ucraina” ma anche la Siria, la crisi nel Mediterraneo orientale e la Libia oltre, naturalmente alla “minaccia terroristica”dell’Isis.
Tramite un aumento della spesa, la Nato intende sostenere il rafforzamento in atto dell’Alleanza – che il Segretario definisce come “il più grande dalla fine della Guerra Fredda” – soprattutto tramite investimenti in “in un’ampia gamma di equipaggiamenti per la sorveglianza, intelligence, cyber capability ed equipaggiamenti per difesa collettiva tradizionale, tra cui rifornimento aereo”.