Sono quasi 85 milioni, a questo giro hanno quasi tutti l’età per votare e se ci vanno potrebbero fare la differenza. Magari a favore di Bernie Sanders. Sono i Millennial, la generazione nata tra l’inizio degli anni 80 e l’inizio del millennio, appunto, che tutti gli studi danno politicamente orientati in senso liberal e socialista. I sondaggi sull’elettorato democratico dicono che quelli tra i 18 e i 24 anni, Millennial appunto, sono due su tre per Sanders, mentre solo uno su cinque è per Hillary. Sanders è più popolare di Hillary perfino tra le donne Millennial. Sono gli estremi che si toccano. Bernie viaggia verso i 75 e quando si andrà a votare a novembre li avrà compiuti. Ma è proprio il vecchio “zio d’America” che sembra piacere di più agli elettori più giovani. Anche perché gli altri due più gettonati, la stessa Hillary e Donald Trump, non sono propriamente dei ragazzini, e saranno intorno a 69 quando si voterà per sostituire Obama. Il cammino è ancora lunghissimo, è possibile che di qui all’estate entrino in campo nuovi candidati, come Michael Bloomberg, che sarebbe pronto a spendere un miliardo di dollari in campagna elettorale, forse come indipendente, o che crescano candidati già in campo, come Ted Cruz, tutto sommato non così distante da Trump nei sondaggi sull’elettorato repubblicano.
Quello che è certo è che Hillary è stanca, le foto di lei che girano sono impietose, fa fatica a concentrarsi, ha bisogno di dormire, rispetto a lei Bernie sembra un ragazzino anche se ha sette anni di più, che alla sua età non sono pochi.
E’ stanca …
“Non ha più le staminali”, ha sancito con la solita eleganza The Donald. Che invece ha energia da spendere, riempie i teatri, diserta i dibattiti, tanto non ne ha bisogno. E’ più facile spararle sempre più grosse davanti a diecimila persone che ti acclamano che essere passati al tritacarne da un giornalista a cui magari non sei simpatico, anche se è repubblicano anche lui. A differenza di Sanders i Millennial non lo amano, i sondaggi dicono che uno su due non lo sopporta. Ma Trump non cerca i voti dei ragazzini, il suo target sono i 40-50enni bianchi, con famiglia, che fanno fatica ad arrivare alla fine del mese anche se lavorano sodo, e per i quali il sogno americano si sta rivelando un incubo a otto anni dall’esplosione della crisi.
E così si va verso una situazione paradossale, un voto che può essere deciso dai ventenni innamorati di uno che potrebbe essere il nonno. Ma veramente Bernie ha tutte queste carte da giocare? Possibile che gli americani votino un socialista alla Casa Bianca? Piano, Sanders si dichiara socialista, ma nella sua lunga vita politica non c’è neanche un’ombra, una piccolissima macchia di comunismo. E’ un socialista alla scandinava. E per di più è “orgogliosamente” ebreo, anche se non praticante. Il che lo mette al riparo da qualsiasi possibile accuse di simpatia islamista. E non lo rende troppo indigesto alla vasta business community americana, che nei confronti degli ebrei non ha particolari antipatie. Un socialista non può essere accusato, come accade quotidianamente a Hillary, di essere amico degli squali di Wall Street. Ma magari un ebreo socialista potrebbe non dispiacere troppo agli stessi squali, che invece vedono Trump come il fumo negli occhi, non fosse altro che per la sua imprevedibilità.
A favore di Bernie giocano anche altri fattori. E’ il miglior anti-Trump di cui i democratici dispongano. Esistono una serie di ricerche, la più nota è il sondaggio pubblicato a dicembre da Quinnipiac, secondo cui Sanders sconfiggerebbe Donald Trump con un margine di otto punti, mentre Hillary si fermerebbe a sei, e batterebbe Ted Cruz per ben 10 punti, con la Clinton in vantaggio solo di cinque. Per Trump, ammesso che abbia la nomination in tasca, e ancora siamo lontani, Sanders sarebbe un osso molto più duro di Clinton, con molti meno punti di vulnerabilità, a cominciare dal marito Bill, per andare avanti con i pasticci combinati da segretario di Stato, fino all’abitudine di arricchire la realtà con storie del tutto inventate, come quando raccontò di essere finita sotto il tiro dei cecchini in Bosnia.
La strada è ancora lunghissima e la meta ancora molto lontana. Tutto può succedere in queste elezioni più pazze del mondo. Tra pochi giorni si comincia ma non è per niente detto che già dal primo match esca il risultato finale, come otto anni fa tra Obama e Hillary. Ma è abbastanza evidente che almeno per come sono andate le cose sinora, sia Donald Trump che Bernie Sanders un titolo se lo siano guadagnato, quello di “politico dell’anno” per il 2015. Partiti sbeffeggiati e accreditati di percentuali da prefisso telefonico, sono arrivati all’appuntamento delle primarie da favoriti. Nessuno ci avrebbe scommesso un nichelino solo sei-otto mesi fa. La chiave del successo? Non fanno parte dell’establishment, o almeno non sono percepiti come tali. E’ la prima volta che succede in America. Gli americani non si fidano più della propria classe dirigente. Vogliono altro. E Obama da questo punto di vista non è stata una grande novità. Ma questa è la storia del 2015. Quella del 2016 è ancora tutta da scrivere.