Bruxelles – Schengen c’è ancora, ma è sempre più acciaccato. Non arrivano le decisioni drammatiche che qualcuno temeva dalla riunione informale dei ministri degli Interni di Amsterdam sull’immigrazione, ma continua il graduale sgretolamento dell’area di libera circolazione europea. Come previsto, nel corso della prima riunione gestita dalla presidenza di turno dei Paesi Bassi, diversi Stati membri hanno chiesto alla Commissione europea di preparare la base legale per potere estendere i controlli alle proprie frontiere per ulteriori due anni, andando quindi ben oltre i limiti massimi previsti dal Codice frontiere Schengen. Attualmente il periodo è di massimo otto mesi (due mesi più sei mesi) che per Austria e Germania arriverà a scadenza già in maggio.
“Il flusso senza precedenti che ha portato a introdurre” i controlli alle frontiere “non è diminuito”, ammette il ministro dell’immigrazione olandes Klaas Dijkhoff, per questo gli Stati hanno “invitato la Commissione Ue a preparare le procedure per l’attivazione dell’articolo 26 nell’ambito del codice Schengen”. Una richiesta, assicura però il ministro, avanzata “non nel contesto di spingere fuori uno Stato ma di tenere dentro quelli che hanno introdotto misure temporanee a livello nazionale”. Nessuno, continua Dijkhoff “pensa che questo risolverà tutto ma dobbiamo realisticamente fronteggiare il fatto che la deadline attuale non è abbastanza per vedere la crisi risolta”.
“Dobbiamo confrontarci con un periodo lungo di flusso di migranti”, concorda il commissario Ue all’immigrazione, Dimitris Avramopoulos, ricordando che “l’anno scorso più di un milione di persone ha raggiunto le coste dell’Europa in cerca di protezione e nel 2016 ne sono arrivate già 30mila in solo tre settimane”. Per questo “se la situazione non cambia e rimangono seri rischi per l’ordine pubblico e la sicurezza, alcuni Stati potrebbero dover continuare i controlli oltre il tempo previsto”, ammette il commissario.
“Alla fine di questa giornata di lavoro Schengen è salva per ora”, commenta il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, secondo cui restano però “poche settimane per evitare che si dissolva tra gli egoismi nazionali”. Una dissoluzione che avrebbe un prezzo alto: “A tutti quelli che credono che per l’Italia la soluzione sia chiudere Schengen, al di là dei principi generali, dico: ma si rendono conto o no che non possiamo mettere il filo spinato nel mar Mediterraneo e nemmeno nell’Adriatico e il danno economico sarebbe enorme?”, chiede Alfano. L’Italia, anticipa poi il ministro, sta valutando anche la possibilità di aprire un nuovo hotspot nel nord-est “perché dobbiamo tenerci pronti ad un’ipotesi di flusso dalla frontiera nord-est a seguito della rotta balcanica”.
Prende forma intanto anche la possibilità che l’Ue aumenti i controlli al confine tra Grecia e Macedonia, così come chiesto da alcuni Stati per tentare di arrestare il flusso di migranti verso nord. “Il Consiglio ha dato un segnale chiaro alla Commissione per esplorare la possibilità che Frontex preveda un’assistenza al confine tra Grecia e Macedonia”, spiega il ministro olandese. Una possibilità al momento non realizzabile, visto che attualmente Frontex non può condurre operazioni nei Paesi terzi. Si tratta dunque di trovare un nuovo quadro legale e all’interno di questo di essere “flessibili e pragmatici il più possibile per riportare le cose sotto controllo” in quell’area, sottolinea Dijkhoff.
Ma attenzione, non si tratta di un tentativo di lasciare sola la Grecia, assicura la presidenza olandese. “Continueremo a lavorare con la Turchia per ridurre i flussi e con la Grecia su hotspot e relocation e per rafforzare i controlli alle frontiere esterne”, assicura il ministro Dijkhoff. “È tutto fatto per proteggere Schengen”, assicura anche Avramopoulos: la questione di una sospensione della Grecia dall’area di libera circolazione, giura, “non è stata discusso oggi e al contrario tutti hanno detto che dobbiamo fare del nostro meglio per rinforzare e proteggere Schengen”.
Impossibile non parlare anche del sistema di redistribuzione dei migranti da Italia e Grecia che palesemente, ammette anche Avramopoulos, “non funziona”. Perché le cose cambino, sottolinea, “serve come precondizione che gli hotspot funzionino sia in Italia che in Grecia”, mentre per ora siamo fermi a tre hotspot attivi in Italia e uno soltanto in Grecia. “Quando il sistema degli hotsot comincierà a funzionare – assicura il commissario – nessuno avrà più argomenti per non fare parte di questo schema”.
Sul tavolo dei ministri anche la proposta della Commissione Ue di introdurre una guardia frontiera comune che abbia il potere di agire negli Stati membri anche senza bisogno del loro consenso. Su questo “la presidenza procede il più in fretta possibile”, assicura il ministro olandese e oggi “sono stati fatti dei progressi, c’è un grande supporto tra gli Stati”.