Bruxelles – La sospensione di Schengen per due anni per tutti gli Stati europei? È un’ipotesi di cui a Bruxelles non si è mai discusso e che anche oggi “non è sul tavolo”. È una precisazione ovvia quella che si trova a fare oggi la Commissione europea, eppure necessaria, viste le voci incontrollate che stanno circolando in merito in Italia, e soltanto nel nostro Paese. Voci senza alcun fondamento, basate su un’interpretazione errata (e fantasiosa) dei trattati già esistenti. A regolare i controlli alle frontiere degli Stati membri dell’area Schengen è in particolare lo Schengen Borders Code che codifica anche quello che accade nel caso in cui uno Stato membro voglia temporaneamente reintrodurre i controlli alle frontiere. In particolare una manciata di articoli, dal 23 al 26.
Nei “casi che richiedono un’azione urgente”, un Paese membro che si trovi a dover fare fronte a “una seria minaccia all’ordine pubblico o alla sicurezza interna”, può fare ricorso all’articolo 25 del testo, che consente una sospensione di Schengen di dieci giorni, prolungabile per periodi di venti giorni fino ad un massimo di due mesi. Ma la possibile reintroduzione dei controlli è prevista anche agli articoli 23 e 24 che riguardano invece gli eventi prevedibili. In questo caso, sempre per fare fronte a una “minaccia grave per l’ordine pubblico o la sicurezza interna” uno Stato membro può, “in via eccezionale ripristinare il controllo di frontiera in tutte le parti o in parti specifiche delle sue frontiere interne” per un periodo iniziale di trenta giorni, che possono essere prolungati fino a sei mesi. Questa sospensione può essere prolungata a sua volta, secondo l’articolo 26, ma soltanto in “circostanze eccezionali in cui il funzionamento globale dello spazio senza controllo alle frontiere interne è messo a rischio a seguito di carenze gravi e persistenti nel controllo di frontiera alle frontiere esterne”. In questo caso si può ripristinare i controlli alle frontiere per una durata massima di sei mesi, periodo prolungabile non più di tre volte per ulteriori periodi di sei mesi, fino ad arrivare così ad un massimo di due anni.
Queste le regole esistenti. Di cosa si sta parlando allora a Bruxelles e qual è l’equivoco di questi giorni? La discussione che realmente si sta facendo riguarda i Paesi che, già nei mesi scorsi, hanno fatto ricorso alle possibilità previste dal trattato per ripristinare i controlli alle proprie frontiere. Il caso riguarda soprattutto Germania e Austria che per prime hanno sospeso Schengen a partire dallo scorso settembre. Entrambi i Paesi hanno già sfruttato i due mesi di sospensione urgente previsti dall’articolo 25 e stanno attualmente usufruendo della possibilità di sospensione prevista dall’articolo 24 per ulteriori sei mesi. Questo periodo scadrà a maggio ma Berlino, come ha confermato ieri il ministro dell’interno, Thomas de Maiziere, non sembra affatto pronta a riaprire le proprie frontiere. E allora come fare? L’unica possibilità è invocare le “circostanze eccezionali” previste dall’articolo 26 ma questo però si può fare esclusivamente sulla base di una raccomandazione del Consiglio, che si basa a sua volta su una proposta della Commissione europea che è la sola che può appunto proporre agli Stati membri che un determinato Paese (che ne faccia richiesta) sia autorizzato a ricorre all’articolo 26 e a sospendere dunque Schengen per un periodo fino a un massimo di due anni.
Nessuna nuova decisione quindi, nessun cambiamento dello status quo, ma semplicemente l’applicazione di quanto deciso fin dalla nascita di Schengen: semplicemente la possibilità che l’esecutivo Ue avanzi la richiesta per consentire ad alcuni Stati, come la Germania appunto, di proseguire con i controlli alle frontiere anche dopo la scadenza della sospensione attualmente in atto. Un evento mai accaduto, è vero, ma comunque già previsto tra le possibilità. Una proposta di sospensione generalizzata di Schengen per tutti gli Stati membri, come alcuni sembrano avere interpretato, è non solo fuori discussione ma anche contraria alle convinzioni di Jean-Claude Juncker che non perde occasione per ripetere che la fine di Schengen significherebbe la fine dell’Ue.
Di nuovo c’è soltanto che la Commissione europea sta pensando di condurre delle “valutazioni di vulnerabilità” dei confini esterni dell’Ue (in particolare in Grecia) che permetterebbero di constatare le effettive gravi carenze nei controlli alle frontiere esterne e quindi consentirebbero all’esecutivo Ue di lanciare la proposta di raccomandazione al Consiglio per l’attivazione dell’articolo 26. Attualmente questa proposta non esiste ancora ma i ministri dell’Interno potrebbero discuterne già lunedì nel corso della riunione informale dei ministri degli Interni che si terrà ad Amestrdam.