di John Malamatinas e Yanis Varoufakis
Il 9 febbraio a Berlino Varoufakis presenterà il suo nuovo movimento paneuropeo DiEM25 (Democracy in Europe Movement 2025). Già da luglio aveva annunciato l’idea di voler fondare qualcosa di nuovo per riaprire il dibattito dopo il referendum e la firma del memorandum da parte del governo greco. Con un intervista al Neues Deutschland, a dicembre, annunciava il lancio di DiEM25. Il movimento è presentato come “terza alternativa” tra le campagne di rinazionalizzazione e le «istituzioni anti-democratiche dell’UE», che DiEM25 punta a riformare radicalmente entro il 2025. Nel mondo dei movimenti europei, però, vengono sollevati molti dubbi circa la natura di questo movimento: ancora non se ne conoscono bene le proposte, né chi ne farà parte. Per ora si sa solo che verrà presentato a Berlino in un teatro al costo di 12 euro. In una lettera al quotidiano Neues Deutschland, John Malamatinas – militante della rete Beyond Europe, attivo nelle reti transnazionali europee e partecipe della costruzione del movimento anti-austerity tedesco Blockupy – dà voce ad alcuni di questi dubbi. Pubblichiamo qui la lettera di Malamatinas e la risposta di Varoufakis.
La lettera di John Malamatinas
Caro Yanis,
Un paio di settimane fa, hai pubblicato un invito per la fondazione di un movimento paneuropeo contro l’austerità. Questo movimento verrà presentato a Berlino il 9 febbraio. Hai già parlato di questa idea in più occasioni, come in una tavola rotonda con altri saggi esponenti della sinistra al Berliner Volksbuehne ad ottobre.
È da allora che volevo scriverti una lettera aperta su questo tema. Credo e spero di non essere l’unico. Il tuo arrivo a Berlino e la tua chiamata hanno generato una gran quantità di discussioni nel nostro gruppo. Alcuni chiedono se la rivoluzione possa davvero essere così facile: 12 euro e sei dentro.
Dove ti è venuta l’idea che i tedeschi siano disposti a comprare un biglietto del treno prima di dare l’assalto alla stazione ferroviaria? Ma questi sono frivoli commenti da Twitter.
Scherzi a parte, la gente nei nostri ambienti – cioè i movimenti di sinistra – si chiede se questo piano sia stato seriamente discusso con qualcuno dei movimenti contro l’austerità presenti in Grecia, in Germania o altrove in Europa. Non pensi che la brillante idea di lanciare un movimento per “l’altra Europa” sia già venuta in mente ad altri?
Prima di andare avanti, però, vorrei fare una premessa. Molte persone – tra cui io ed i miei amici – hanno un profondo rispetto per ciò che hai già realizzato. I tuoi scontri con Herr Schäuble non saranno dimenticati. Nessun altro sarebbe riuscito as spingerlo al limite della follia come hai fatto tu; nessuno sarebbe stato più indicato di te come ministro delle finanze. Sei diventato un simbolo del movimento anti-austerità, più importante di Alexis, di Pablo e di tutte le altre stelle.
Le idee espresse nei tuoi libri non suonano affatto irrealistiche. Con la tua “modesta proposta per una soluzione della crisi dell’euro” hai avanzato delle proposte ragionevoli per riformare l’Europe senza andare contro i trattati europei (per la quale sei stato classificato da alcuni come un “riformista”). La tua è una proposta alternativa seria che osa mettere in discussione l’idea di un’Europa tedesca.
Dici di non essere soddisfatto della cosiddetta “gestione sociale” della crisi proposta dai tuoi ex compagni ed ex colleghi. Soprattutto, ti stai battendo per una critica fondamentale della politica economica dominante, così come è insegnata nelle università di tutta Europa. Per questo ti meriti un sonoro applauso.
Vorrei, però, darti alcuni suggerimenti per il tuo prossimo viaggio a Berlino. A quanto pare, stai entrando in un territorio sconosciuto, molto lontano da quello dei parlamenti e degli istituti economici, e vuoi affrontare e attivare una “Europa dal basso”.
Nel fare questo, è importante che presti attenzione al fatto che le lotte sociali intorno all’austerità esistono da quando abbiamo iniziato a discutere della crisi. Non serve guardare troppo lontano. Basta guardare alla Grecia: le proteste studentesche del 2006-07 contro le politiche neoliberiste nelle università; la rivolta intransigente del dicembre 2008; gli scioperi generali che hanno portato centinaia di migliaia di persone in piazza; il movimento degli indignados (aganaktismenoi) e l’occupazione di piazza Syntagma.
L’esaurimento delle proteste di massa correttamente osservato dagli accademici di sinistra ha portato a nuove discussioni tra la sinistra: partito o autoorganizzazione? O entrambi? La solidarietà che si trova in giro in Grecia non è solo uno strumento di autosostegno o di carità, ma ha l’obiettivo di trasformare le relazioni sociali verso una diversa gestione del comune.
Dibattiti simili sono in corso in Spagna e altrove. Le decisioni di Tsipras e di SYRIZA hanno portato ad ulteriori domande fondamentali che ti stai ponendo anche tu: come cambiare l’UE senza uscirne? Perché siamo così maledettamente impotenti e dalla scorsa estate non parliamo d’altro che della nostra apparente “sconfitta”?
Ma torniamo a Berlino ed alla Germania. Anche qui abbiamo visto dei tentativi di contrastare la propaganda dei media e dei politici su “quegli scansafatiche dei greci”. Proprio qui, nel “cuore della bestia”. Forse le nostre proteste sono state troppo piccole per influenzare il dibattito, ma alcuni ricordano ancora i solidali “segnali di fumo” inviati da Francoforte ad Atene durante le proteste di Blockupy contro l’apertura della BCE a marzo 2015 e le manifestazioni #thisisacoup in seguito al referendum.
Sono anni che attivisti tedeschi e greci viaggiano avanti e indietro. Sono molte le persone in Germania che vogliono impedire che il tedesco diventi l’unica lingua parlata in Europa: Blockupy, i comitati di solidarietà con la Grecia, i migranti della crisi, le sezioni progressiste dei partiti di sinistra, numerose persone della cultura e del teatro, e molti altri. Forse nessuno dei tuoi partner di lingua tedesca ti ha spiegato che ci sono persone che hanno già avuto l’idea di una rete transnazionale e di un movimento dal basso. E non sto parlando di Oskar Lafontaine e del suo “piano B per l’Europa”.
Tutte queste iniziative provenienti dalla Germania sono state collegate in reti al di là dei confini nazionali. Ci sono molti forum a livello europeo in cui vale la pena partecipare: Blockupy, Alter Summit, Beyond Europe, gli incontri transnazionali di Agorà, le reti antirazziste, le lotte per gli scioperi sociali transnazionali, le lotte eco-sociali in rete, da Nantes alla Val di Susa fino alla penisola calcidica in Grecia. Parla con i tuoi compagni in Grecia che fanno parte di queste reti transnazionali. A Francoforte eravamo in piazza tutti assieme.
Non dobbiamo sempre ricominciare da capo. Piuttosto, dobbiamo unirci tutti in un unico, grande movimento. Questo è il motivo per cui ho quattro richieste dirette per te:
1) Vieni alla riunione di Blockupy che si terrà il 6 e 7 febbraio, poco prima della tua visita a Berlino. O almeno contattali in un modo o nell’altro.
2) Non sprecare il tuo tempo con irrilevanti conferenze sul piano B. I movimenti non sono fatti dall’alto.
3) Crea una piccola mappa delle resistenze sociali e delle reti transnazionali in Europa. Blockupy può certamente aiutarti in questo. Credimi, ne vale la pena!
4)Parla direttamente con la gente. Molti non potranno parlare al Volksbuehne. Apri al pubblico le conferenze che stai sostenendo e a cui stai partecipando.
L’idea di creare un movimento paneuropeo per modificare le condizioni esistenti è giusta, ma le strutture di movimento esistenti dovrebbero esserne partecipi. Benvenuto nell’inferno dei movimenti sociali.
Saluti militanti,
John Malamatinas (john.malamatinas@riseup.net)
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La risposta di Yanis Varoufakis
Caro John,
La tua lettera è fonte notevole di ispirazione e di speranza per me. Costituisce anche una meravigliosa opportunità per chiarire, anche nel mio modo di pensare, cosa sia il nostro nuovo movimento, DiEM.
La “primavera di Atene”, e la spietatezza con cui l’Europa “ufficiale” l’ha schiacciata, hanno risvegliato milioni di europei dal loro sonno. Improvvisamente, non era più possibile far finta tutto andasse bene nella migliore delle Europe possibili. Improvvisamente, molta gente a cui era stato fatto credere che non vi fosse alternativa a questa Europa ha cominciato a rendersi conto che le attuali strutture di potere in Europa non sono sostenibili (si stanno sgretolando sotto i nostri occhi); e che stare con le mani in mano, oggi, vuol dire rendersi complici dell’avvento una 1930 postmoderna.
DiEM è stato concepito come un movimento per collegare tutti questi europei arrabbiati con i movimenti che così eloquentemente hai descritto nella tua lettera. Certo, sarebbe stato assurdo pensare di essere stato il primo ad avere l’idea di avviare un movimento paneuropeo. L’Europa civilizzata è stata plasmata dai movimenti transfrontalieri per secoli. No, l’idea alla base di DiEM è quello di fornire un’opportunità per questa nuova, promettente coalescenza tra a) i movimenti e b) la recentemente infuriata/risvegliata maggioranza silenziosa. L’obiettivo è quello di utilizzare la primavera di Atene come trampolino di lancio per una nuova coalizione di democratici che chiedono che il demos, il popolo, sia messo di nuovo al centro della democrazia.
È senz’altro vero che le domande a cui DiEM cercherà di dare risposta, a partire dal 9 febbraio a Berlino, sono giù state poste da molte persone e movimenti prima di noi.
- Un partito europeo o organizzazione autonome in tutta Europa?
- L’euro può essere aggiustato e reso compatibile con una prosperità equamente condivisa?
- L’attuale mix di istituzioni dell’UE è riformabile (anche in teoria) o dovremmo guardare oltre?
- Quali forme di azione politica sono più adatte per il processo di democratizzazione?
Come dicevo ai miei studenti, le grandi domande non cambiano; le risposte interessanti, sì. DiEM offre l’opportunità di unificare:
a) tutti coloro che da anni si pongono queste domande e portano avanti coraggiose battaglie nelle loro città, comunità e luoghi di lavoro, creando reti tra regioni e paesi
con
b) tutti quegli europei che finora non si sono alzati dal loro divano o non hanno mosso un dito contro l’establishment, ma che ora sono desiderosi di far parte di un movimento che ridia speranza in un’Europa decente, sostenibile e per cui vale la pena lottare.
In questo contesto, hai esattamente ragione: DiEM deve, fin dal principio, dimostrare di essere un movimento desideroso di imparare dall’esperienza accumulata e dal dinamismo dei movimenti (g)locali come Blockupy. Ogni volta che in questi anni ho cercato di contrastare gli elementi ultra-nazionalisti e semi-fascisti qui in Grecia, che hanno cercato di usare la crisi per aizzare i greci contro i tedeschi, ho citato i movimenti di resistenza tedeschi e la solidarietà degli attivisti tedeschi. In effetti, la mia speranza era che tali movimenti sarebbero stati entusiasti della nostra scelta del Berliner Volksbuehne come sito di lancio del DiEM e che, di conseguenza, si unissero a noi più facilmente.
Quindi, arriviamo alle cose pratiche. Propongo che, prima del lancio (alle ore 20:30 del 9 febbraio), uno degli incontri pubblici pre-lancio sia dedicato alla questione: DIEM e i movimenti? Molti compagni che in questa prima fase stanno lavorando sull’inaugurazione di DiEM25, definendo la sua direzione e aiutando con la stesura del nostro manifesto, sono stati per anni o addirittura per decenni attivamente partecipi in diversi movimenti: dal Forum Sociale Mondiale al Forum Sociale Europeo, da diverse campagne di solidarietà in tutta Europa all’Alter Summit, da Uninomade ad Euronomade, dalle occupazioni nei Balcani a Blockupy, dal Subversive Festival al Transeuropa Festival, dal teatro a molte altre iniziative oneste e importanti in tutta Europa. Il loro contributo, il vostro contributo, quello di movimenti come Blockupy, insieme con il contributo di altri partecipanti, dovrebbe, nel contesto di un programma veramente aperto, aiutare ad affrontare le questioni che hai citato nella tua lettera aperta.
Oltre al pre-lancio, permettimi di estendere un invito a te o ad un altro dei vostri compagni a parlare in pubblico durante l’evento principale, nel Volksbuehne. Infine, una nota personale, se mi è consentito: chiudi la tua lettera aperta dandomi il benvenuto nell’“inferno dei movimenti”. La mia risposta è: «Felice di essere qui – anche se, in realtà, non me ne sono mai andato!». L’anno scorso ho passato alcuni brevi mesi nei “corridoi del potere”, è vero, e per molti anni ho insegnato all’università. Ma la verità è che sono sempre stato un attivista: dall’occupazione delle scuole superiori degli studenti greci nel 1975-78 alla la Black Student Alliance nella mia università inglese nel 1978-80; dai picchetti di fronte alle fabbriche dell’acciaio, della stampa e del carbone contro le politiche neoliberali della signora Thatcher nei primi anni ’80 alle le campagne anti-nucleare ed anti-apartheid; dal mio lavoro come rappresentate sindacale in Australia negli anni ’90 alle occupazioni studentesche all’università di Atene negli anni 2000 (quando, come professore, davo “contro-lezioni” di economia politica agli studenti occupanti); fino all’occupazione di Piazza Syntagma nel 2011(dove ho partecipato ogni giorno e parlato alla folla due volte) e… l’Eurogruppo. L’attivismo per me è uno stato dell’essere.
Infine, hai ragione nel dire che non possiamo permetterci di ripartire da zero, ignorando tutto ciò che è stato compiuto dai movimenti attuali e passati. È così. Ma, allo stesso tempo, credo che abbiamo bisogno di un nuovo inizio. Uno che faccia appello a coloro che i movimenti, finora, non sono riusciti a mobilitare. Un nuovo inizio a cui contribuire tutti insieme, senza aspettare nulla in cambio, salvo forse la consapevolezza, quando saremo vecchi e decrepiti, di non essere rimasti inerti di fronte alla discesa dell’Europa nell’autoritarismo, nella misantropia e nella tristezza. Questo è lo scopo del DiEM.
Ci vediamo il 7 febbraio, dove (seguendo il tuo consiglio) parteciperò alla riunione di Blockupy a Berlino, due giorni prima del nostro comune (spero) lancio del DiEM.
In solidarietà,
Yanis Varoufakis
La versione inglese della lettera di Malamatinas (da cui è tratta questa traduzione) è stata pubblicata sulla rivista ROAR il 16 gennaio 2016. La risposta di Varoufakis è stata pubblicata sul blog dell’autore il 17 gennaio 2016. Traduzione di Dinamo Press.