Bruxelles – La Direzione generale Concorrenza della Commissione europea aprirà domani un’indagine formale per presunti aiuti di Stato sulle decisioni del governo italiano per l’Ilva di Taranto. Lo hanno confermato diverse diverse fonti concordanti ieri e oggi a Bruxelles.
La commissaria alla Concorrenza, Margrethe Vestager, informerà brevemente oggi gli altri commissari durante la riunione del Collegio che si svolge a Strasburgo nel pomeriggio.
La decisione di aprire un’indagine formale per aiuti di Stato era inevitabile, ed era già stata annunciata da tempo dalla Commissione al governo. Nel settore siderurgico, che in Europa è in situazione cronica di sovracapacità, sono assolutamente proibiti dalle regole Ue gli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione delle società (oltre che quelli per il funzionamento, vietati in qualunque settore).
Non si tratta, insomma, di un nuovo episodio della polemica in corso fra il governo Renzi e la Commissione Juncker; anzi, proprio sull’Ilva negli ultimi mesi c’è stato un dialogo costante e serrato a livello tecnico fra Roma e Bruxelles, che viene considerato fruttuoso da entrambe le parti. La stessa decisione del governo di porre in vendita l’impianto di Taranto è stata suggerita e caldeggiata da Bruxelles.
L’apertura dell’indagine formale serve soprattutto ad aprire una consultazione sul caso con le parti terze (comprese le società concorrenti) e non pregiudica affatto il risultato finale dell’inchiesta, e potrebbe benissimo concludersi con un accordo (comprendente ad esempio la modifica o la cancellazione di alcune misure, e un calendario di attuazione per altre); oppure con una archiviazione, se il governo dimostrasse che tutti gli aiuti di Stato dati all’Ilva, sotto qualunque forma, servono esclusivamente a disinquinare il sito dell’impianto e l’area circostante, compresi alcuni quartieri di Taranto.
Da questo punto di vista, a essere messa in questione non dovrebbe essere tanto la somma di 800 milioni di euro destinati dall’ultimo decreto governativo esplicitamente alla cosiddetta “ambientalizzazione”, anche se proprio su questo termine ci sono ambiguità che la Commissione vorrebbe chiarire: ad esempio nel caso in cui comprenda un “upgrading” degli impianti per rendere meno inquinante la produzione, Bruxelles potrebbe obiettare. Il vero problema sembra essere soprattutto il prestito da 300 milioni di euro, concesso a prezzi di mercato dallo Stato all’Ilva con l’obiettivo di farselo restituire dal futuro acquirente. Questa somma, nelle intenzioni del governo, dovrebbe servire a tenere in funzione gli impianti e a consegnarli “chiavi in mano” e ben funzionanti all’ipotetico acquirente, evitando il rischio di “svenderli”. Ma per la Commissione quest’argomento potrebbe non essere convincente. Bruxelles potrebbe addirittura vedervi (ma siamo comunque nel campo delle ipotesi) un aiuto di Stato al funzionamento.
L’antitrust comunitario esaminerà anche nel dettaglio i decreti sull’Ilva e le azioni che del governo in passato, e potrebbe trovare anche qui altri elementi di possibili aiuti di Stato da indagare.
Lorenzo Consoli per Askanews