Matteo Renzi sbaglia il bersaglio. Il nemico, in Europa, non è la Commissione europea.
E’ sempre difficile commentare le mosse di un politico, e di uno abile come Renzi lo è ancora di più. Forse il suo attacco a Bruxelles è solo una questione interna, è solo una maniera di fare la sua campagna elettorale visti gli umori degli elettori decisamente freddi verso l’Unione europea. Ma anche in questo caso il presidente del Consiglio sta commettendo uno sbaglio perché l’attacco dura da troppo tempo, ed è fatto senza il dialogo che, comunque, con la Commissione e il suo presidente va tenuto aperto. I leader politici, se non sono chiaramente “nemici”, si avvertono preventivamente quando uno di loro decide di attaccare un altro. Gli si spiega che l’affondo arriverà perché se ne ha bisogno per ragioni, magari, di politica interna. Ma questo Renzi non lo fa con Jean-Claude Juncker, che da mesi riceve ripetuti attacchi a freddo.
L’errore fondamentale, però, è che la Commissione europea, questa Commissione europea, non è il nemico dell’Italia, ed è dunque ingiusto attaccarla. Come sintetizza un attento osservatore di cose europea: “la Commissione Barroso parlava di crescita e lavorava all’austerità, la Commissione Juncker parla di austerità ma lavora alla crescita”. Ed è vero. E’ con questa commissione che la Germania è stata costretta, da Juncker, ad accettare le flessibilità concesse all’Italia nel nome delle riforme, dell’occupazione e della crescita. E’ con questa Commissione che è stato lanciato un Piano per gli investimenti (il cosiddetto ‘Piano Juncker’), che, per ammissione del suo stesso creatore, ancora non produce frutti significativi, ma esiste, a Bruxelles ci si è lavorato, e non è un progetto campato in aria. La Commissione, per restare ai temi caldi per l’Italia, ha anche elaborato un piano per i ricollocamenti dei richiedenti asilo e si è fatta sostenitrice della riforma dell’Accordo di Dublino, come l’Italia chiede con forza.
Non sono piccole cose, per far passare questi progetti in un’Europa sempre più egoista, chiusa in se stessa e competitiva (in senso negativo) non è cosa semplice. Sono stati infranti dei muri politici, si sono gettati dei semi che potranno fruttare. Pensando ad esempio al tema immigrazione, fino a un paio d’anni fa era anche difficile farlo entrare nell’ordine del giorno delle riunioni dei Capi di Stato e di governo, e non è che due anni fa nessun morisse nel Mediterraneo e nessuno arrivasse in Sicilia o in Grecia.
Il vero obiettivo dell’Italia dovrebbero essere i governi di quei paesi che ostacolano il lavoro della Commissione e, su temi come occupazione e immigrazione, gli stessi interessi dell’Unione nel suo insieme. Renzi ha, è vero, lanciato anche una polemica con la Germania, ma è stata presto dimenticata.
Il premier/segretario è il leader più in vista, quello che guida il maggior partito del Pse, il Partito socialista europeo, nel quale Renzi si è battuto per portare il Pd. Quel che dovrebbe, potrebbe fare il premier, è dunque lanciare una grande battaglia politica facendo anche leva su un ruolo di guida che può avere tra i socialisti europei. E’ difficile coinvolgerli in una battaglia di questo tipo, quando gli altri due grandi partiti socialdemocratici in Europa sono uno alleato di governo proprio con la popolare Angela Merkel e l’altro esprime un presidente della Repubblica francese traballante. La battaglia, poi, non dovrebbe essere solo del Pse, ma dovrebbe, come è sempre in Europa, di tutti quei Paesi danneggiati dalle politiche che altre cancellerie riescono a imporre.
Ha lo spazio, Renzi, per lanciare le basi di una “Nuova Europa”, più solidale, più fiduciosa, più spostata sugli interessi dei suoi cittadini. Una sua proposta il governo l’ha lanciata già mesi fa, il sottosegretario Sandro Gozi sta spiegando in mille interviste che vuol fare l’Italia, ma manca ancora una proiezione internazionale, le giuste richieste italiane hanno più un aspetto rivendicativo che costruttivo, manca il lato, fondamentale, indispensabile, dell’aperto coinvolgimento degli altri governi che ci vorranno stare. E anche la sponda di questa Commissione che non sarà la migliore del mondo, che non sarà quella che Renzi sogna, ma che ha molto di buono in se, va sfruttata e non bruciata.