Bruxelles – In Europa c’è sicuramente uno sbilanciamento dei poteri a favore della Germania che ha sempre di più un ruolo di guida dell’Unione europea. E la causa di questa situazione non è dovuta a un potere effettivo del Paese, e nemmeno a una capacità di leadership di Angela Merkel, ma soltanto alla debolezza e alla passività dei suoi avversari politici, e alla mancanza di una leadership forte nel partito socialista europeo, che possa fare da contraltare alla cancelliera. È l’analisi di Sergio Cofferati, secondo cui è necessaria una revisione dei trattati per dare all’Europa il potere di cui ha bisogno.
La Germania è davvero il Paese che guida l’Ue, o la situazione è più complessa?
“La questione è sicuramente più complessa ma è vero anche che nella distribuzione degli incarichi e di conseguenza dei poteri da loro derivanti nell’ambito della Unione i tedeschi hanno spazi che non sono dati ad altri Stati. E questo per l’accettazione passiva degli altri Paesi nelle grandi famiglie politiche. Anche al Parlamento europeo ad esempio basta guardare come sono state assegnate le funzioni di presidenti e coordinatori dei gruppi politici nelle commissioni. C’è un peso dei tedeschi che non risponde, in nessuna famiglia politica, al loro peso reale. E accade perché gli altri non dicono niente, lo accettano come un fatto quasi ovvio”.
In Consiglio il maggiore peso della Merkel è chiaro, ma non potrebbe essere dovuto a una sua capacità di leadership?
“Con tutto il rispetto per la signora Merkel la leadership politica non c’è, la cancelliera non è paragonabile per peso e visione ad alcuni suoi predecessori come Helmut Kohl. La socialdemocrazia tedesca da parte sua è trasparente, non ha un peso politico vero. Il governo di grande coalizione non è una soluzione nella quale la socialdemocrazia ha un peso o lo esercita. È chiaro quindi che da una parte c’è un livello che si è indubbiamente abbassato nella classe dirigente, e dall’altro una rinuncia a svolgere ruoli e funzioni”.
Quale Paese potrebbe aspirare a un ruolo di guida dell’Ue, la Francia?
“Se pensiamo a Mitterand o a Chirac ci accorgiamo che Francoise Hollande è solo una pallida copia dei suoi predecessori e non è mai diventato quel punto di riferimento che pure poteva diventare per coagulare l’alternativa a Merkel e compattare la famiglia socialista. I socialisti in Europa si sono notevolmente indeboliti e il loro indebolimento dà un peso superiore ai popolari, tra i quali oggettivamente il dominus è la Merkel. È questo che porta indirettamente ad un eccesso di presenza e di potere”.
La Gran Bretagna, presa dalle discussioni sulla Brexit, non può certo aspirare a quel ruolo
“La Gran Bretagna ha avuto il periodo di maggior fulgore con Tony Blair, ma essendo per metà fuori dall’Unione non riesce a pesare como potrebbe”.
E l’Italia?
“Noi abbiamo sempre considerato l’Europa come un luogo marginale, al di là dei proclami e delle invettive. Alla formazione della Commissione Juncker ci siamo affannati e precipitati sul ruolo di Alto rappresentante, un ruolo che non ha poteri di nessun genere. Io ho grandissima stima di Federica Mogherini, ma il fatto è che ha una delega in Europa che non conta perché la politica estera è appannaggio degli Stati. La Germania invece ha puntato da subito a un ruolo all’apparenza meno importante come l’Agenda digitale, ma che invece rispecchia l’idea di futuro che hanno i tedeschi nella società europea, un tema che considerano prevalente e importante nei prossimi anni”.
Insomma al momento non c’è nessuno che potrebbe contrastare il potere di Merkel
“Nel campo progressista, dall’area dei liberali fino alla sinistra non ci sono leadership in grado di riequilibrare la dialettica interna all’Unione europea in ragione dei pesi effettivi. Mancano leadership e coraggio. Ma il problema principale è un altro”.
E cioè?
“L’Europa è a metà del guado di un fiume in piena, è una fragile navicella che non riesce ad approdare all’altra sponda e nel mentre si dibatte in queste acque perigliose. In questa situazione è inevitabile che chi ha più determinazione e maggior peso economico può primeggiare. Ma se pensiamo ad esempio a Schengen ci accorgiamo che c’è il rischio altissimo che l’Europa scompaia. Per questo c’è bisogno di una riforma dei Trattati per dare all’Europa quelle competenze, come immigrazione, fisco e politica estera, che ora sono affidate agli Stati. Solo così si potrà superare l’impasse”.