Una conquista epocale così importante come la libertà di movimento dei cittadini europei all’interno dell’area Schengen non può essere messa in forse. È questo il rischio incontro al quale sta andando l’Europa. La causa sta nella mancanza di coraggio. Quel coraggio che Paesi come Svezia e Danimarca, ultimi in ordine di tempo, non hanno avuto, avvalendosi della clausola che consente di reintrodurre i controlli alle frontiere, come già fatto in precedenza da altri Stati membri. Si tratta, è vero, di una misura prevista come eccezionale e temporanea che può scattare in presenza di una seria minaccia alla sicurezza interna o per problemi di ordine pubblico. Ma la reazione a catena che si può scatenare in tutti gli Stati Membri può mettere in discussione questa pietra angolare su cui si regge il diritto di cittadinanza dell’Unione europea. Sta mancando il coraggio di dar corpo a quel principio di solidarietà tra gli Stati membri che è alla base dei trattati UE e su cui si regge il sogno europeo: questo espone a una pressione oggettiva e rendere vulnerabile il sistema Schengen.
Poi c’è la pressione mediatica sull’opinione pubblica di destre moderate che scivolano verso posizioni radicali fino a dichiarare “Schengen è morto”, come ha fatto il francese Nicolas Sarkozy, noncurante delle conseguenze. Senza pensare alle forze populiste e xenofobe che cavalcano il momento per allargare il loro consenso. Schengen non è in pericolo a causa di un milione di rifugiati e dall’attuale crisi, ma dell’egoismo dei singoli Stati membri che resistono alla proposta di dar vita a un insieme di nuovi strumenti di vera solidarietà europea, nonostante il Parlamento e la Commissione Europea li abbiano disegnati con una nuova coraggiosa Agenda. Dobbiamo, ad esempio, abbracciare la proposta della Commissione di una Guardia costiera e di frontiera comune europea, già sul tavolo. Questa è la via, non i muri e la fine della libera circolazione. Serve un approccio comunitario e un nuovo spirito ‘federale’ per la gestione delle frontiere, quello contenuto nei 4 pilastri dell’Agenda, per una migliore gestione del fenomeno migratorio.
E’ lo stesso spirito che animerà la strategia di medio e lungo periodo contenuta nel Rapporto di cui sono co-relatrice al Parlamento Europeo, basato su un nuovo approccio globale al fenomeno dell’immigrazione. Presenterò le proposte del mio Rapporto fra meno di 10 giorni, durante la prossima sessione plenaria dell’Europarlamento a Strasburgo. Una guardia frontiera “federale” è la normalità di uno Stato federale e l’Unione Europea uscirà da questa crisi solo agendo come farebbe uno Stato federale di 500 milioni di abitanti. Dotarsi di questo e di altri strumenti comuni europei salverebbe il sogno europeo, oltre al Sistema Schengen e alle regole che ci siamo dati, che non prevedono i muri ‘fai da te’ che stanno proliferando. Salveremo il sogno europeo vincendo la tentazione sempre più forte di erigere una immaginaria Fortezza Europa. Al contrario i populisti, proponendo di blindare le frontiere dei Paesi dell’Unione Europea, minano alle fondamenta, insieme a Schengen, il sogno europeo. Se la loro diventasse la risposta dell’Unione Europa, anche la strategia del terrore avrebbe ottenuto ciò che vuole, fare deflagrare quel sogno e le nostre conquiste.