Bruxelles – Le rimesse dei migranti non sono un vantaggio solo per il Paese dove vengono ricevute, ma lo sono anche per l’Unione europea. Lo sostiene un recente studio sulle somme di denaro inviate dai lavoratori che si trovano all’estero verso la propria città natale, al fine di aiutare famiglia e amici rimasti nel paese d’origine. La ricerca, condotta dall’IFAD (il Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo), sottolinea come a trarne vantaggio non sarebbe solo il paese che riceve i soldi, quasi sempre uno di quelli in via di sviluppo, ma anche l’Ue. Queste rimesse, spesso criticate perché non sembra possibile avere dei guadagni dal trasferimento di danaro all’estero, sono state invece “rivalutate” dagli autori del rapporto. In questo caso, gli stipendi inviati al paese d’origine vanno ad “alleggerire” le spese per gli aiuti umanitari (che ammontano ad esattamente un terzo rispetto ai primi); in altre parole si potrebbe dire che coloro che più sostengono i paesi in via di sviluppo sono gli stessi migranti.
Il fenomeno delle migrazioni, e di conseguenza quello delle rimesse, è radicato nella storia dei popoli a livello mondiale. Oltre 100 milioni di europei lasciarono il loro paese d’origine tra XIX e XX secolo, e tra di essi la maggior parte inviava frequentemente somme di denaro a parenti rimasti a casa. Questo evento è mutato radicalmente negli ultimi cinquant’anni, guidato da diverse realtà demografiche ed economiche, dai bisogni delle popolazioni, dall’integrazione, dall’espansione dell’Ue, dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica, e infine dal post-colonialismo, che ha modificato i rapporti con i paesi africani e asiatici. Grazie alle rimesse si è potuta garantire una base solida a famiglie e imprese, in modo che dessero vita al continente europeo come attualmente lo conosciamo. Come spiega Mauro Martini, dell’Ifad, ad esempio “in Moldavia il 22% del PIL è formato dalle rimesse provenienti dall’Europa. Questo per sottolineare come l’invio di denaro non può essere considerato uno spreco di risorse, ma come una grande fonte di sussistenza per dare una base solida a territori in grande difficoltà, che in futuro potrebbero diventare partner commerciali, essenziali per lo sviluppo economico, e gli scambi reciproci”.
L’Europa ora ha una popolazione di migranti che supera i 50 milioni e quindi, con il trascorrere del tempo, è così passata da essere una regione che riceveva rimesse, a continente con il più alto tasso di invii in tutto il mondo. I flussi di denaro, negli ultimi 15 anni, sono in costante aumento, e oggi rappresentano un elemento chiave per gli aiuti nei confronti dei paesi in via di sviluppo. Da questo elemento dunque partono le critiche, basate sul fatto che dalla perdita di grande somme derivi anche una guadagno minore. I dati della Banca Mondiale, studiati e analizzati nel report “Sending money home: European flows and markets” parlano chiaro, i flussi, oltre che costituire un’ancora di salvezza per milioni di singole famiglie, producono a livello locale un forte impatto sullo sviluppo di interi villaggi, e di conseguenza favoriscono la crescita, con la possibilità sempre più alta di una “migrazione circolare”, che presuppone una mobilità generalmente temporanea (risposta eccezionale alla fluidità del mercato del lavoro globale). Pertanto, essi posso costituire una sorta di “cuscino finanziario”, per l’eventuale ritorno permanente in patria dei migranti.
La formazione, e l’utilizzo, del capitale umano è utilissima in visione futura, perché permette ai migranti di tornare nel proprio paese nativo su base regolare, e di conseguenza questo incentiva gli investimenti e lo sviluppo sano. I flussi migratori e quelli monetari vanno nella stessa direzione, e lo dimostrano i tassi positivi di crescita della Gran Bretagna, ad esempio, paese che attualmente ha inviato più rimesse al di fuori dei propri confini nazionali, con un totale di 17 miliardi di dollari solo nel 2014. La Germania non è da meno con i suoi 14 miliardi. Al terzo posto invece troviamo a pari merito Francia e Italia, ognuna con 10 miliardi di dollari in rimesse. Queste le cifre più elevate che, se sommate a quelle di Spagna, Belgio, Olanda ed ai restanti 22 paesi dell’unione, sfiorano in totale i 110 miliardi. Un numero molto più elevato di quello relativo agli aiuti umanitari.
Secondo Martini, “i migranti arrivati nel paese ospitante spediscono in media 200 dollari ogni mese, ecco perché, tra l’altro, recentemente si sta cercando di ridurre i costi di invio del denaro. Il primo obiettivo, che sarebbe dovuto coincidere con il G20 tenutosi ad Antalia, era ridurre dal 10% al 5% la tassazione delle rimesse, risultato che invece si è fermato sul 7%”.
“Questi numeri sono certamente un passo avanti” continua Martini, “anche se la prossima meta, da raggiungere nel 2030, è toccare il minimo storico del 3%, in modo che venga sprecata la più bassa quantità di denaro per i paesi in via di sviluppo”.