Roma – Sul tema dei migranti “l’Unione somiglia a un condominio dove ciascuno litiga coi vicini, salvo poi prendersela tutti insieme con chi sorveglia l’ingresso di casa, in questo caso la Grecia”. È per questo, secondo il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, che l’Ue sta “rischiando di sacrificare Schengen sull’altare di Dublino”. Per non perdere “una delle maggiori conquiste europee”, la libertà di circolazione, il capo della diplomazia italiana, in una intervista a La Stampa, invita gli altri partner ad abbandonale “la difesa rigida di regole sull’immigrazione ormai superate”.
Il titolare della Farnesina è convinto, innanzi tutto, che le sospensioni del Trattato di Schengen “decise da alcuni Paesi membri debbano restare straordinarie e limitate nel tempo”. Poi, sul fronte immigrazione, serve “un’assunzione comune di responsabilità entro la primavera, cioè prima che riprendano flussi migratori molto consistenti”.
Al giornalista che chiede se sia d’accordo sull’istituzione di una guardia di frontiera europea, “ne sarei felicissimo”, risponde Gentiloni, il quale però coglie “troppa ipocrisia sulla difesa delle frontiere esterne”. Infatti, si chiede retoricamente, visto che “l’Europa ha già una flotta nel Mediterraneo”, la missione contro gli scafisti coordinata da Frontex, “deve respingere i barconi di profughi in fuga dalle guerre?”.
Per l’esponente dell’esecutivo italiano bisogna anche evitare “l’illusione che la Turchia possa funzionare come un rubinetto” per ridurre il flusso migratorio verso l’Ue. Non si può gestire il fenomeno in maniera efficace, secondo il ministro, se non cambiando le regole comuni. “L’asilo deve essere europeo, rendendo permanente il meccanismo che chiamiamo relocation”. È l’ennesima conferma delle richieste che l’Italia avanza da tempo, inclusa quella sui rimpatri di chi non ha diritto alla protezione internazionale. Anche questo deve essere “un compito europeo”, aggiunge.
Invece, “su ricollocazione e rimpatri l’Unione è molto molto indietro”, denuncia il titolare degli Esteri, che coglie l’occasione per rispedire indietro le accuse mosse da Bruxelles con l’apertura di una procedura di infrazione contro il nostro Paese per lo scarso impegno nell’identificazione dei migranti. “L’Italia è assolutamente in linea con il programma approvato” in sede comunitaria, rivendica, “sulle registrazioni stiamo facendo quello che dovevamo”.
La tesi di Gentiloni è che serva un “rilancio dell’Europa in un passaggio tra i più delicati della sua storia”. È questa “l’ambizione in più” dell’esecutivo italiano rispetto ad altri partner, secondo il ministro, il quale annuncia che di questo si parlerà “tra due settimane, in un incontro a Roma tra i ministri degli Esteri dei sei paesi fondatori” (Italia, Francia, Germania, Belgio, Olanda e Lussemburgo).
Il discorso, però, non riguarderà solo la gestione dei flussi migratori. Spiegando quale sia l’idea di “rilancio dell’Europa” che ha in mente, Gentiloni sostiene che sia giunto “il momento di immaginare livelli diversi di integrazione” all’interno dell’Unione. “Abbiamo bisogno che il nucleo di quanti di noi vogliono più integrazione politica ed economica – precisa – possa convivere con un cerchio più largo, composto da chi crede nel mercato unico e nell’Ue attuale ma non vuole spingersi oltre”.
Per fare avanzare il progetto europeo verso il federalismo, dunque, anche il governo italiano appare rassegnato all’idea di una Europa a due velocità. Una prospettiva considerata ineluttabile dall’ex presidente della Commissione Ue, Romano Prodi, e con la quale anche la presidente della Camera, Laura Boldrini, ritiene si debbano fare i conti, come ha dichiarato nell’intervista rilasciata a Eunews alla vigilia della sua visita a Bruxelles, dove ha promosso il documento per il federalismo europeo attorno al quale ha già raccolto l’adesione dei suoi colleghi di 10 Paesi membri (più 2 ‘in lista d’attesa’). Resta da vedere se questo impulso alla maggiore integrazione sarà in grado di disinnescare le attuali pulsioni disgreganti.