di Wolf Richter
Mi è stato chiesto, ancora una volta, perché tutta questa “stampa di moneta” da parte della Federal Reserve, insieme col tasso di interesse globale a zero (se non addirittura sotto zero), non abbiano causato una grande fiammata inflazionistica, considerata l’inondazione di moneta nel sistema economico.
È una domanda cruciale che per un po’ di tempo ha dato molto da pensare, ma ora che questa storia si trascina ormai da sette anni, rimbalzando da una importante banca centrale all’altra senza che se ne veda la fine, la risposta è sempre più chiara.
Questo grafico di NBF Economics and Strategy mostra la crescente massa di attività, espresse in dollari, che le “quattro grandi banche centrali” – Fed, BCE, Banca del Giappone e Banca d’Inghilterra – hanno accumulato nei loro bilanci: circa $11mila miliardi. E questo senza contare quel che sta facendo la Cina. Le previsioni per il 2016 e 2017 presumono che la Fed e la Banca d’Inghilterra se ne staranno lontane dal QE, che la BoJ aggiungerà annualmente ¥80mila miliardi all’anno e la BCE €60 miliardi, a tassi di cambio invariati:
Inflazione dei prezzi al consumo vs. inflazione dei prezzi degli asset
Questa abbuffata globale di QE ha causato inflazione, dunque – un sacco di inflazione – ma non l’inflazione dei prezzi al consumo. Ha causato un forte aumento dell’inflazione dei prezzi degli asset, col prezzo di azioni, obbligazioni, immobili, auto d’epoca, opere d’arte, ecc. che è salito alle stelle in questi anni.
Praticamente l’unica categoria di asset che non ha sperimentato aumenti è il settore delle materie prime. Lì, i prezzi sono crollati. E ci arriveremo tra poco. Allora, perché il QE ha causato un’inflazione galoppante dei prezzi degli asset, ma poca inflazione dei prezzi al consumo? Perché il denaro non è mai andato ai consumatori sotto forma di salario. Questi ne avrebbero speso la maggior parte, portando ad un aumento della domanda, che avrebbe dato origine a pressioni inflazionistiche sui prezzi al consumo. Ma non hanno mai avuto questo denaro.
OK, in alcuni settori – come le spese sanitarie e le spese per il college – un po’ d’inflazione c’è stata. Questo grafico di Advisor Perspectives mostra che dal 1991 le tasse ed i contributi per l’università sono lievitati del 338% e quelli per le cure mediche del 167%. Gli aumenti hanno subito un’ accelerazione dal 2001…
Così le persone con figli al college e con problemi medici cronici sono state stroncate dall’inflazione. Ma quella forma di inflazione è andata avanti per molti anni ed è stata causata da fattori diversi dalle attuali politiche monetarie.
Allora perché il QE non ha causato inflazione per i prezzi al consumo? Perché il denaro è finito ai grandi istituti finanziari e alle grandi società, che lo hanno investito in attività finanziarie (compresi i riacquisti di azioni proprie e altre forme di “ingegneria finanziaria”), spingendo così verso l’alto i prezzi degli asset.
Come i prezzi degli asset sono saliti, i loro possessori sono diventati più ricchi e hanno reinvestito i loro guadagni, amplificando così il boom dei prezzi. Queste persone, che erano già ricche di loro, non hanno speso i soldi in più che hanno ottenuto (quello che Bernanke chiama l’“effetto ricchezza”) perché erano già in grado di spendere quanto volevano. Quindi il boom dei prezzi degli asset ha avuto poco impatto sui consumi e non ha creato pressioni inflazionistiche da parte dei consumatori (anche se alcuni beni di lusso come gli yacht hanno mostrato un’intensificazione delle vendite).
Deflazione salariale
QE e ZIRP (Zero Interest Rate Policy) hanno dato priorità al capitale piuttosto che al lavoro. Così i salari aggiustati per l’inflazione per la fascia dell’80% delle famiglie meno ricche sono diminuiti, una tendenza che è iniziata dopo il picco dei salari reali nel 2000 ed ha subìto un’accelerazione con la crisi finanziaria. Dal momento che l’80% delle famiglie ha meno potere di acquisto (in molti casi molto meno potere d’acquisto), i consumatori non possono spendere come prima a meno che non prendano il denaro necessario in prestito, e anche questo vale a contenere la domanda dei consumatori e le pressioni inflazionistiche.
Questo grafico di Advisor Perspectives mostra che per il 5% (linea nera tratteggiata) ed il 20% (linea blu) delle famiglie più ricche, le cose non vanno troppo male in termini di reddito medio aggiustato per l’inflazione. Ma quanto è successo all’80% delle famiglie più povere (cerchiato in rosso) è deflazione salariale:
La Fed mantiene l’occhio di falco sui salari, soprattutto per quanto riguarda l’80% più povero dei lavoratori. Il suo obiettivo è quello di fornire manodopera a basso costo all’America delle grandi imprese. E quando l’inflazione salariale tende a salire, la Fed può essere piuttosto radicale nell’aumento dei tassi.
Ma poiché bassi salari fanno cattivi consumatori, la Fed sta cercando di mettere a loro disposizione debito a buon mercato, trasformando i lavoratori in schiavi del debito. Problema risolto, per il momento.
Questa, dunque, è una delle lezioni che abbiamo imparato: se il QE finisce unicamente negli istituti finanziari e nelle grandi imprese, provoca inflazione dei prezzi degli asset, non inflazione dei prezzi al consumo. E tende ad esacerbare la deflazione salariale per l’80% più povero delle famiglie.
Una delle eccezioni è l’affitto. Quando i prezzi degli immobili residenziali salgono, gli affitti tendono a seguire. E gli affitti sono aumentati notevolmente in molte città. Ma a differenza delle azioni, la gente deve vivere nelle case, e quando gli affitti salgono oltre la loro portata, succede di tutto, tra cui il crash dei prezzi immobiliari.
Cattivi investimenti, eccessi, e deflazione
QE e tassi di interesse a zero (ZIRP) causano anche qualcos’altro: una insidiosa “ricerca di rendimento”, con gli investitori che cercano di guadagnare un rendimento percepibile in un ambiente artificiale di interessi a zero; questo spinge anche gli investitori più prudenti ad esporsi sulla curva del rischio in cerca di minuscole e decrescenti tracce di rendimento. Questi tentativi deprimono ulteriormente i rendimenti sulle attività a rischio. E così si arriva ad una situazione surreale, con rischiose obbligazioni spazzatura che rendono meno del 5%. Ora gli investitori stanno finendo rovinati.
Da troppo tempo questa attività inonda interi settori molto rischiosi con enormi quantità di denaro. Il risultato è il “cattivo investimento” in attività improduttive o in settori troppo affollati, il che porta alla sovrapproduzione ed all’eccesso, ad esempio nel settore del trasporto oltreoceano, del petrolio e del gas statunitense, nel settore minerario e dei metalli, così come di altre materie prime, sino alle città fantasma in Cina…
Questi eccessi tendono a determinare, prima o poi, un crollo dei prezzi, come ora possiamo vedere. E quando i prezzi crollano, il capitale che è affluito in questi settori viene distrutto. Il cattivo investimento è una cosa terribile.
Questo crollo dell’energia e di altre materie prime, tra cui le materie prime agricole, sta filtrando sui prezzi al consumo e spinge l’inflazione dei prezzi al consumo verso il basso. In questo modo, negli anni, QE e ZIRP hanno creato… pressioni deflazionistiche!
Pubblicato su Wolf Street il 27 dicembre 2015.