Bruxelles – A questo punto più nessuno nega che qualcosa non stia funzionando: il meccanismo europeo di ricollocamento dei rifugiati che avrebbe dovuto portare ad un superamento di fatto del sistema di Dublino, alleggerendo i primi Paesi di arrivo dei rifugiati, è inesistente o quasi. Da ottobre dello scorso anno, quando è decollato da Roma il primo volo di trasferimento di 19 eritrei dall’Italia alla Svezia, sono partiti dal nostro Paese e dalla Grecia appena 272 migranti. Una porzione minuscola del target già irrisorio che era stato fissato: 160mila persone da trasferire in due anni a fronte di oltre 700 mila sbarchi in Grecia e 150mila in Italia, solo quest’anno.
Da ottobre ad oggi dall’Italia sono partite appena 190 persone (contro un ritmo che avrebbe dovuto essere di 1.600 partenze mensili) e dalla Grecia ne sono partite appena 82 su 66.400 trasferimenti concordati. Un flop completo, impossibile nasconderlo. Soprattutto perché senza la promessa redistribuzione dei migranti è difficile che Italia e Grecia si decidano a mettere finalmente in atto in modo rigoroso la registrazione dei migranti (che sarebbero poi costretti a tenere sul proprio territorio), registrazione che se avvenisse potrebbe contribuire a bloccare anche la circolazione incontrollata dei migranti irregolari e la chiusura a catena delle frontiere da parte dei singoli Stati membri.
E in effetti anche la messa in funzione degli hotspot che dovrebbero “smistare” rifugiati da redistribuire e irregolari da rimpatriare procede a rilento. In Italia ora sono attivi due centri di registrazione sui sei previsti: al primo, quello di Lampedusa, si è aggiunto anche Trapani. “Ci aspettiamo che altri due siano resi operativi rapidamente, all’inizio dell’anno”, fa sapere la Commissione . In Grecia invece continua ad essere attivo solo l’hotspot di Lesvos, per un totale di tre centri su undici. Non c’è insomma da meravigliarsi se la registrazione di tutti gli arrivi continui a sembrare un miraggio.