Bruxelles – Lo aveva promesso, entrando alla riunione dei leader Ue, e lo ha fatto: il premier britannico, David Cameron, ha “lottato duramente” per tentare di giungere a “progressi in tutte le aree” su cui Londra ha chiesto cambiamenti per rimanere all’interno dell’Ue ed evitare la Brexit. Ma i risultati, come previsto, non sono stati brillanti: impossibile arrivare ad un’intesa su richieste che rimettono in discussione un principio chiave come quello della libera circolazione dei cittadini all’interno dell’Ue. Cosa che di fatto avverrebbe, secondo tutti gli altri leader europei, se passasse l’idea di Cameron di riformare il sistema di welfare britannico per vietare ai cittadini degli altri Paesi membri di potere accedere ai benefit sociali senza prima avere versato almeno quattro anni di contributi in Gran Bretagna.
Cameron ha comunque tentato una difesa appassionata dell’idea, con un discorso introduttivo di circa 40 minuti davanti agli altri capi di Stato e di governo. Al centro dell’arringa, l’idea che “i livelli di migrazione visti in questo periodo di tempo relativamente breve sono senza precedenti, così come le pressioni che questi hanno posto sulle comunità e sui servizi pubblici”. Questa, ha assicurato Cameron ai colleghi, “è una delle preoccupazioni principali del popolo britannico e sta minando il supporto per l’Unione europea”. Da qui la richiesta ai leader europei di “trovare flessibilità per affrontare le preoccupazioni della Gran Bretagna e lavorare insieme per risolverle”.
Ma in pochi hanno mostrato di voler mettere in campo l’elasticità richiesta per evitare una Brexit. “Ci piacerebbe tenere la Gran Bretagna nell’Ue ma allo stesso tempo non vogliamo limitare le libertà fondamentali, la non discriminazione, il principio fondamentale dell’Ue”, ha chiarito la cancelliera tedesca, Angela Merkel, secondo cui “potrebbero essere possibili in futuro cambiamenti dei Trattati Ue, con la prossima ondata di modifiche, ma non ora”. Posizione simile a quella dei Paesi del gruppo di Visegrad (Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria e Slovacchia) che si sono detti pronti a supportare alcuni elementi delle proposte britanniche, in particolare la necessità di una “maggiore competitività e un ruolo più forte dei parlamenti nazionali” ma allo stesso tempo hanno sottolineato di “non supportare alcuna soluzione che possa essere discriminatoria per la libertà di movimento”. Per il presidente francese, François Hollande la faccenda è semplice: “È legittimo ascoltare Cameron ma non sarebbe accettabile rivedere i principi su cui si fondano gli impegni europei” per questo “tenere conto di questi principi permetterà alla Gran Bretagna di restare nell’Ue”. Altrimenti la strada è tracciata. Decisamente poco ottimista il presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker che a fine riunione riassume: “Voglio mettervi in guardia contro l’illusione che ci sono tre questioni facili e una difficile, sono tutte difficili ognuna nasconde questioni da risolvere”.
Lavoro che si tenterà di fare da qui a febbraio: di fronte alle divergenze, i leader hanno messo nero su bianco un capitoletto di conclusioni in cui si impegnano a “lavorare strettamente insieme per trovare una soluzione reciprocamente soddisfacente su tutte e quattro le aree nella riunione del Consiglio europeo di 18-19 febbraio 2016”, quando il tema tornerà sul tavolo dei leader in un appuntamento che si spera risolutivo. Un risultato per nulla negativo, secondo Cameron, che anzi ritiene una “buona notizia” il fatto che “i leader abbiano concordato di lavorare su tutte e quattro le aree” indicate dalla Gran Bretagna per trovare “non compromessi, ma soluzioni”, sottolinea. Certo, “il lavoro sarà molto duro”, ammette il premier britannico, secondo cui dalla riunione è comunque arrivato “l’impulso” che Londra cercava visto che tutti i leader hanno sostenuto che si possono trovare soluzioni e che l’Ue è più forte con la Gran Bretagna tra i suoi membri.
“Non voglio sembrare drammatico ma oggi era un ‘make or break moment’”, ha commentato a fine riunione il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk secondo cui la temuta rottura oggi non c’è stata, visto che i leader “hanno sollevato le loro preoccupazioni ma hanno anche mostrato di volere cercare un compromesso” e si sono impegnati a “lavorare più strettamente in vista di febbraio” quando, ha assicurato Tusk, “metterò sul tavolo un testo concreto”.