Bruxelles – Si preannuncia movimentata la cena dei capi di Stato e di governo domani sera al Consiglio europeo. Sulla tavola dei leader una pietanza indigesta: le richieste di riforma dell’Ue avanzate da David Cameron per evitare la temuta Brexit. Richieste per cui i britannici stanno lavorato alacremente: il premier in persona ha girato mezza Europa nel tentativo di trovare consensi politici, mentre i suoi tecnici hanno incontrato in bilaterale quelli delle delegazioni dei vari Paesi per valutare le opzioni pratiche. Ebbene: tutto inutile, o quasi. All’appuntamento di domani si arriva lontanissimi da qualsiasi possibile intesa. Tra quelle avanzate da Cameron “non ci sono richieste facili, tutte sono difficili e non c’è accordo su nessun tema”, chiarisce una fonte europea. A creare problemi non è dunque solo la più spinosa delle proposte di Cameron e cioè quella secondo cui i cittadini Ue dovrebbero vivere e versare i contributi per almeno quattro anni in Gran Bretagna prima di potere accedere ai benefit sociali nel Paese. Su questo “non sapiamo come muoverci”, ammette la fonte. In effetti “è chiaro che nella proposta c’è un elemento di discriminazione” e questo “lo pensano ventisette Paesi, i servizi legali, le corti, e tutti quanti”, conferma un’altra fonte europea.
I principi di libera circolazione e di non discriminazione non devono essere messi in discussione, ha chiarito la cancelliera tedesca, Angela Merkel, in una dichiarazione al Bundestag, in vista del Consiglio europeo. “Londra presenterà le sue richieste domani, e sappiamo che il compito di trovare una soluzione è molto impegnativo”, ha ammesso la cancelliera garantendo: “Vogliamo raggiungere un accordo affinché il governo britannico possa portare avanti una campagna di successo per mantenere il Paese nell’Ue a fronte del previsto referendum”.
“Sono stati fatti progressi significativi su alcune aree ma per essere chiari, nessun tema è risolto”, ammettono fonti diplomatiche, secondo cui “tutti sanno che sarà complicato e che serve una vera discussione”. La speranza è che un dibattito politico tra i leader, che di fatto ancora non c’è stato (visto che al Consiglio europeo di giugno quello sulla Brexit si è ridotto ad un breve accenno), possa aiutare di più di quanto hanno fatto finora le discussioni tra i burocrati, così da “arrivare a dare ai tecnici luce verde per lavorare su proposte concrete”. Un risultato “abbastanza difficile”, tutti lo sanno bene. Se domani non arriverà nessun impulso positivo, i tempi rischiano di diventare stretti anche per febbraio, nuova scadenza per cui Cameron sperava di potere arrivare a concludere, dopo avere preso atto del fatto che il Consiglio di domani non potrà essere risolutivo, come inizialmente sperava.
Ma chi credeva che per portare a casa risultati Cameron fosse pronto a concessioni, domani rimarrà deluso. Il premier britannico si presenterà al summit esattamente con le stesse richieste che ha già messo nero su bianco nella lettera all’Ue per dettare le proprie condizioni, inclusi gli odiati quattro anni per potere accedere al welfare britannico. Semmai Cameron potrà arrivare a dichiararsi pronto a valutare altri metodi per raggiungere gli stessi obiettivi ma ribadirà che quelli avanzati, compresa la necessità di alleggerire il sistema sociale britannico anche a scapito dei cittadini degli altri Paesi Ue, sono per la Gran Bretagna temi centrali su cui non si è pronti a soprassedere. Per tentare di convincere gli alleati è probabile che il premier britannico faccia leva sugli evidenti problemi comuni dei Paesi dell’Ue tra cui l’elevato grado di disaffezione dei cittadini.
Oltre al taglio dei benefit per i cittadini degli altri Paesi Ue, le richieste avanzate da Cameron includono il bisogno di più tutele per i Paesi che non fanno parte dell’Eurozona, così che si evitino discriminazioni o costi da sostenere a in nome della moneta unica. Il premier britannico insiste anche sul bisogno di meno burocrazia e sul rafforzamento del mercato unico e sul bisogno di riformare i trattati per escludere l’impegno ad una “unione sempre più stretta” e ribadire la libertà di un Paese se integrarsi maggiormente o meno.