Bruxelles – Se crolla Schengen, crolla anche l’Unione europea: la Commissione lo sa bene, così come sa che è difficile difendere la libertà di circolazione avendo frontiere esterne colabrodo come quelle che hanno lasciato entrare illegalmente, solo quest’anno, oltre un milione e mezzo di persone. Così la squadra di Jean-Claude Juncker cala il pezzo da novanta per tentare di difendere i confini esterni dell’Ue: una vera guardia frontiera europea, con mezzi molto maggiori dell’attuale Frontex, ma soprattutto con la possibilità di intervenire ai confini esterni di uno Stato membro anche contro la volontà del Paese stesso.
La quantità di accessi illegali registrati quest’anno “rivela un significativo fallimento di come noi gestiamo e proteggiamo i nostri confini”, ammette il vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, secondo cui “quello iniziato come un problema ai confini esterni ha rimesso in questione lo stesso Schengen” che ora va difeso con un controllo delle frontiere molto più efficiente.
Il personale permanente della nuova agenzia sarà più del doppio di quello di Frontex: si arriverà ad almeno mille persone entro il 2020. Per la prima volta l’agenzia potrà acquistare i propri equipaggiamenti, oltre a contare su quelli forniti dagli Stati membri. Inoltre la nuova guardia frontiera europea potrà contare su un pool “di riserva” di almeno 1.500 esperti che potranno essere dispiegati in un massimo di tre giorni. Il ruolo chiave dell’agenzia sarà quello di monitorare costantemente la situazione dei confini esterni dell’Ue. Per questo sarà creato un apposito centro di monitoraggio che condurrà “analisi di rischio” e “valutazioni di vulnerabilità” per identificare le debolezze del sistema. Nelle analisi di rischio saranno incluse anche valutazioni sui crimini transfrontalieri e il pericolo terrorismo. Per facilitare le cose alcuni ufficiali di collegamento saranno dispiegati nei diversi Stati membri con i confini considerati più a rischio. In base a queste valutazioni, se verrà constatato uno stato di vulnerabilità dei confini, l’Agenzia potrà chiedere ad uno Stato membro di prendere provvedimenti in un periodo limitato di tempo.
E se lo Stato membro non dovesse mettere in atto le raccomandazioni? Qui entra in gioco la parte più innovativa ma anche quella più potenzialmente controversa della proposta della Commissione. “Se uno Stato membro non prende le misure correttive necessarie a seguito della decisione del Management Board” della nuova agenzia o “in caso di pressione migratoria sproporzionata alle frontiere esterne, che renda il controllo dei confini esterni inefficace ad un livello tale da mettere a repentaglio il funzionamento dell’area Schengen”, sarà la Commissione ad entrare in gioco e a poter chiedere con un atto esecutivo il dispiegamento di uomini della nuova guardia frontiera europea. La decisione dovrà essere votata dai Paesi membri dell’area Schengen e dovrà essere approvata a maggioranza qualificata. Se la maggioranza degli Stati ritierrà necessario un rafforzamento del controllo delle frontiere esterne, il Paese in questione non potrà opporsi. Il voto positivo dello Stato membro interessato sarà fondamentale per le decisioni prese dal board della nuova Agenzia, ma non potrà bloccare l’atto esecutivo della Commissione.
L’agenzia invierà anche ufficiali di collegamento nei Paesi terzi vicini per lanciare operazioni congiunte e avrà un ruolo rafforzato sui ritorni: un apposito ufficio ritorni si occuperà di dare il via libera al dispiegamento di “squadre d’intervento per i ritorni” composte da accompagnatori, addetti al monitoraggio e specialisti che lavoreranno per rimpatriare effettivamente chi soggiorna illegalmente. Un “documento di viaggio standard per i ritorni” dovrebbe garantire una più ampia accettazione dei rimpatriati nei Paesi terzi.
La proposta della Commissione dovrà ora ricevere un via libera dagli Stati membri, che però sembrano divisi sul tema. Se da un lato alcuni Paesi come Francia e Germania (che hanno recentemente scritto una lettera alla Commissione europea sul tema) ma anche la stessa Italia sembrano più che favorevoli ad una “europeizzazione” dei confini, dall’altro stati come Polonia e Ungheria hanno già criticato l’idea di cedere ulteriore sovranità a Bruxelles.
La proposta della Commissione europea è stata accolta favorevolmente dai deputati, nel dibattito di martedì con il vicepresidente della Commissione, Frans Timmermans e il commissario Dimitris Avramopoulos.
I membri del PPE hanno sostenuto l’idea di gestione integrata delle frontiere esterne, al fine di gestire la migrazione in modo efficace e garantire un elevato livello di sicurezza all’interno dell’UE. Tale idea è stata ripresa dai membri del gruppo ALDE, che hanno invitato gli Stati membri a trasferire alcune responsabilità all’Unione europea, al fine di garantire una maggiore sicurezza per i cittadini.
I deputati del gruppo S&D hanno accolto l’idea della Commissione in linea di principio, pur chiedendo maggiori garanzie in materia di diritti fondamentali e sovranità nazionale. I deputati del gruppo ECR hanno dichiarato che l’Unione europea dovrebbe potersi avvalere del diritto di agire anche quando gli Stati membri non chiedono aiuto, nel caso non siano in grado di proteggere i loro confini.
Per i membri del gruppo GUE/NGL e del gruppo Verdi/ALE le misure di sicurezza non devono pregiudicare il diritto dei richiedenti asilo a cercare protezione attraverso canali legali e sicuri.
Gli oratori dei gruppi EFDD e ENF infine hanno respinto l’idea di una forza di intervento comune, ritenendola un ampliamento delle competenze dell’Unione europea e affermato che ogni Stato membro deve essere autorizzato a proteggere i propri confini.