Il Front National ha perso le elezioni regionali in Francia. Il fatto è indiscutibile: alle elezioni ci si presenta per governare, e se non si conquista nessuna presidenza si ha perso. Così è successo a marine e Marion Le Pen, oltre che agli altri candidati dell’ultradestra.
In molti, soprattutto nelle destre europee e a partire da Marine Le Pen, parlano però di una vittoria politica indiscutibile, di un risultato che ha permesso di scalzare il partito socialista dalla guida di molte regioni (il conto è difficile visto il ridisegno dei confini e gli accorpamenti, ma comunque fino a ieri le governavano tutte meno una) di un fiume in piena dell’ultradestra che avanza “e che nessuno potrà fermare”, come dice la leader del partito.
Fermare un altro partito senza prenderne il posto, ma anzi lasciandolo a un’altra forza di destra più “tradizionale” non è una vittoria. E’ un successo politico magari, ma non una vittoria. Sul fatto che nessuno possa fermare la crescita del Front National invece c’è molto da discutere, a partire dal fatto che sì, ha preso un sacco di voti e rappresenta certamente un disagio molto forte di tanti francesi, ma quando si arriva al dunque gli elettori dell’Esagono scelgono altro. Se consideriamo le elezioni regionali come un tutt’uno, e non invece una numerosa serie di sconfitte di numerosi candidati, e ci ricordiamo del 2002 quando il padre di Marine fu sconfitto alle presidenziali ci sono già almeno due indizi del fatto che ai francesi, presi come insieme, piace protestare, ma al dunque si affidano alle forze tradizionali. Anche ai socialisti, che comunque cinque regioni le hanno vinte, e la cui indicazione di voto per i candidati di Nicolas Sarkozy è stata seguita, a dimostrazione che saranno pure pochi, ma hanno le idee chiare e, soprattutto, la volontà di esserci, di partecipare alle scelte. Sono indeboliti ma non dispersi.
Dunque questo fiume in piena può essere fermato, è accaduto tredici anni fa ed è accaduto ieri. Forse, e qui sta la domanda, è già stato fermato. La risposta arriverà nei prossimi mesi, nella lunga corsa alle presidenziali del 2017, e soprattutto nell’esito che avranno, ovviamente. Ora socialisti e conservatori (che scontano anche leadership non entusiasmanti sulle quali chi potrà, l’Ump, dovrà riflettere prima dea scelta del candidato presidente) sanno con chi hanno a che fare, dunque scelte politiche e, probabilmente, tatticismi saranno studiati nei dettagli per fermare prima del secondo turno quel 28 per cento che Marine Le Pen ha raccolto, a livello nazionale in queste elezioni regionali. E’ tanto, tantissimo, ovviamente, ma c’è anche un 72 per cento che non sta con il Front, che poi, a guardare bene i numeri, non è cresciuto rispetto all’ondata del 2002: circa 300mila voti in più, il che potrebbe indicare che quello è il livello massimo della protesta dei francesi che scelgono l’ultradestra. Non va poi dimenticata la tattica scelta da Le Pen in queste elezioni: programmi diversi regione per regione, anche su punti qualificanti come l’aborto, il welfare, i matrimoni gay. A livello nazionale questo gioco non potrà esser fatto, ci vorranno scelte nette, che distinguano fortemente l’FN dagli altri partiti, e sarà meno facile.
Queste elezioni regionali potrebbero essere state il canto del cigno Le Pen, di fronte ad elettori francesi che quando si tratta non di mandare un segnale, ma di decidere chi li governerà non scelgono il Front National. E questo lo dimostra anche qualche analisi sui flussi, secondo la quale alcuni che hanno votato FN al primo turno hanno poi scelto la destra tradizionale al secondo.