Bruxelles – Non si arresta la polemica del mondo politico italiano contro le prese di posizione dell’Ue, accusata di essere dura e ingiusta nei confronti dell’Italia su immigrazione e banche. “Le ultime due iniziative della Commissione sono estremamente rigide e per certi versi inconsapevoli” spiega Silvia Costa (Pd) presidente della Commissione Cultura ed Educazione al Parlamento Europeo. Il punto di vista dell’Unione, spiega Costa “rischia di non essere comprensibile per la maggioranza dei cittadini e di allontanarli ulteriormente da un’idea di Europa delle regole e della solidarietà”.
Gli oggetti della contesa sono da un lato l’apertura della procedura di infrazione per la mancata applicazione del regolamento sulla registrazione dei migranti con la presa di impronte digitali (Eurodac) dall’altro la querelle Bruxelles-Roma sul “Salva banche”. “Per quanto riguarda l’immigrazione, già l’80% delle impronte digitali sono state rilevate, come ha detto anche il Ministro Alfano, e presto si arriverà alla totalità delle rilevazioni”, ha detto l’eurodeputato. In merito al secondo pomo della discordia (ovvero la proposta italiana, rifiutata dalla Commissione, per la creazione di un fondo di riparazione con soldi pubblici per i risparmiatori e gli azionisti delle quattro Banche italiane salvate) Costa ha affermato che “Il ricorso al fondo di garanzia interbancario” è legittimo e “non si tratta certo di aiuto di stato ma di risorse private”. È altresì doveroso, ha aggiunto “che si insedi una Commissione Parlamentare di indagine per verificare come queste quattro banche abbiano deliberatamente male informato e raggirato i loro correntisti che non attrezzati a valutare il rischio di perdita”. Allo stesso tempo, puntualizza Costa, “è fondamentale valutare come sia stata effettuata la vigilanza da parte della Banca d’Italia e degli organismi preposti”. È certo, ha concluso l’europarlamentare che “l’introduzione del bail in, la garanzia interna che prevederà anche il ricorso alla disponibilità finanziaria dei correntisti con risparmi o obbligazioni sopra i cento milioni di euro in caso di fallimento dell’istituto bancario, dovrà prevedere un dovere di informazione capillare e accessibile per i cittadini e i risparmiatori, cosa che ad oggi non è avvenuta”.