Bruxelles – Tobin tax, avanti piano. L’idea di una tassa europea sulle transazioni finanziarie (Ftt) perde smalto e soprattutto pezzi. Si sfila l’Estonia e i Paesi interessati rimasti si danno appuntamento tra sei mesi per una bozza di progetto sulla base di un accordo di principio che per ammissione dello stesso ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, quello sulla Tobin tax “non è il più chiaro dei testi del mondo”, ma rappresenta pur sempre “un buon risultato” a cui i Paesi coinvolti hanno voluto “dare valenza politica per dimostrare che sono stati fatti passi avanti”. Eppure a livello politico emerge la mancata sottoscrizione dell’intesa da parte dell’Estonia, con il gruppo di Stati che procede per cooperazione rafforzata che si riduce a dieci (Austria, Belgio, Francia, Germania, Grecia, Italia, Portogallo, Slovacchia, Slovenia e Spagna). Padoan spiega che il Paese baltico “ha detto di non poter aderire il documento, ma non significa che non farà parte del gruppo”. In conferenza stampa il presidente di turno dell’Ecofin, il lussemburghese Pierre Gramegna, sostiene invece che l’Estonia “ha lasciato il gruppo” degli undici, adesso dieci.
Dal documento sulla Tobin tax fatto circolare spariscono anche i numeri. Prima di oggi la proposta risalente a febbraio 2013 e confermata il 6 maggio 2014 prevedeva aliquote imponibili dello 0,1% per i titoli azionari e dello 0,01% per i derivati, ma di queste non c’è più alcuna traccia. Non essendo state abolite formalmente, in linea di principio la dimensione del carico fiscale non dovrebbe essere né sparito né modificato, ma di misure operative – aliquote ed entrata in vigore – si discuterà in un secondo momento, dopo che la Commissione europea avrà presentato, tra sei mesi, una proposta per l’istituzione della Ftt sulla base di linee guida generali appena concordate.
Gli Stati si sono dati appuntamento a giugno per un tassa da applicare su tutte le transazioni di società quotate avvenute in una singola giornata, salvo quando condotte da agenti che agiscono da facilitatori della transazione. Per le azioni, va stabilito se la tassa va applicata solo a quelle emesse in uno dei dieci Stati membri che partecipano alla cooperazione rafforzata, ma la valutazione sarà fatta “tenendo conto dei rischi di rilocalizzazione e dei costi amministrativi”. Per i derivati, invece, si prevede di cumulare i principi di residenza e di emissione. In pratica se un ente finanziario è stabilito in uno dei Paesi che introducono la tassa allora la transazione è tassata ovunque sia effettuata nel mondo. Inoltre, indipendentemente da momento e da luogo in cui è effettuata, la transazione viene tassata se riguarda strumenti finanziari emessi in uno degli Stati membri partecipanti. Concordato il principio in base al quale la speciale tassa non deve avere impatti sull’indebitamento sovrano, con gli Stati che hanno chiesto alla Commissione Ue una valutazione d’impatto sull’economia reale e sulle pensioni. Resta fuori l’imposizione sui titoli di Stato. Hans Joerg Schelling, ministro delle Finanze austriaco che ha condotto i negoziati, parla di “una proposta che potrebbe portare a un accordo sui punti centrali”, mentre il collega tedesco Wolfgang Schaeuble, considera l’accordo “modesto per quanto necessario”. L’Italia pensa invece all’introduzione. Ora si tratta di tradurre in pratica quanto appena decisa, sostiene Padoan, convinto che “entro la fine del 2016 possa funzionare”.