Bruxelles – Non si sblocca l’impasse tra Roma e Bruxelles in merito alla necessità di nuovi hotspot in Italia, mentre si rafforzano le voci nella capitale dell’Ue secondo le quali il 10 dicembre sarà aperta una procedura di infrazione contro Roma perché non applica le procedure di identificazione di migranti tramite presa di impronte digitali, secondo la normativa Eurodac.
La Commissione europea da tempo chiede all’Italia di migliorare le sue procedure e vuole anche l’apertura di nuove strutture, dal momento che “quella di Lampedusa non è sufficiente” come spiegato Laurent Muschel della Dg Home nel corso della riunione della commissione parlamentare sulle Libertà civili, giustizia e affari interni del 7 dicembre. L’hotspot siciliano già in funzione, ha dichiarato Muschel, “è pensato per accogliere 500 persone e non è in grado di gestire situazioni come quelle della settimana scorsa in cui, in soli 3 giorni, c’è stato un afflusso di oltre 5000 persone”. Le strutture che dovrebbero essere attivate e che sono “praticamente pronte”, sono quelle di Pozzallo e Villa Scanio, mentre quelle di Taranto, Augusta e Trapani “hanno ancora bisogno lavori infrastrutturali”, ha puntualizzato il Direttore dell’unità Migrazioni e Asilo. Inoltre, ha spiegato Muschel, l’Italia deve potenziare i suoi sforzi per affrontare la sfida del “rimpatrio dei numerosi migranti che arrivano dall’Africa occidentale” tra cui “non è stata registrata la presenza di richiedenti asilo”.
La risposta dell’Italia
La mancata messa a punto di ulteriori hotspot deriva da una precisa “scelta politica del governo” ha spiegato il prefetto Mario Morcone, da due anni impegnato in Viminale nella gestione dell’accoglienza nei comuni e nelle regioni d’Italia. L’Italia è “pronta ad aprire 4 hotspot su 6” ma la conditio sine qua non è “il decollo della procedura di relocation negli altri paesi” che deve proseguire “nonostante le comprensibili preoccupazioni dei paesi derivanti dagli attacchi di Parigi”. Per aiutare il funzionamento del meccanismo di relocation sarebbe auspicabile una “semplificazione e velocizzazione delle procedure necessarie per la relocation” che sono “estremamente complesse”. Morcone ha parlato anche di una questione spinosa che potrebbe presentare nuovi scenari, ovvero la possibile apertura, nei prossimi mesi, di un nuova “rotta che passerebbe attraverso il Friuli Venezia Giulia” di profughi proveniente dai Balcani. Tra questi, sono presenti numerosi afghani e questo pone un ulteriore dato che “l’Afghanistan è un paese in guerra e questo va considerato” ai fini di un ripensamento della modalità da adottare nei loro confronti.
Le impronte
Nel corso del dibattito al Parlamento europeo sono intervenuti anche esponenti di agenzie europee e ONG, co-protagonisti, con diverse funzioni, della gestione migranti in Italia. Secondo Klaus Rossler, direttore delle operazioni di Frontex, l’Italia deve “fare di più per avere dei centri d’accoglienza che funzionino al 100%, con particolare riferimento alla registrazione sistematica, al rilevamento delle impronte digitali e all’identificazione”. Inoltre, prosegue Schembri “i migranti devono essere meglio informati su tutto il processo di redistribuzione”. Una maggiore attenzione ai minori è invece la problematica di maggior rilievo secondo Viviana Falasco di Save the Children, che denuncia la “mancanza di procedura per i minori nell’ambito relocation”, che fa si che essi si “dichiarino maggiorenni o che vengano con altre persone che non sono quelle di riferimento” o addirittura favoriscano il fenomeno della dispersione.