Bruxelles – L’operazione navale “Sofia” per la lotta contro gli scafisti e il traffico di esseri umani nel Mediterraneo, ha tratto in salvo, negli ultimi due mesi, 5.700 migranti e ha portato all’arrestato di oltre 40 presunti scafisti.
“Al 2 dicembre abbiamo soccorso più di 5.700 migranti, la nostra azione ha contribuito all’arresto di 43 trafficanti e abbiamo impedito a 46 barconi di poter essere utilizzati grazie ai sequestri compiuti nelle otto ultime settimane”, ha affermato Enrico Credendino, comandante della missione Sofia, ribattezzata con il nome di una bambina nata subito dopo il salvataggio di un’imbarcazione alla deriva.
L’operazione navale, lanciata a giugno, vede impegnati 22 Paesi dell’Ue e in un primo tempo era dedicata alla sola attività di sorveglianza e raccolta dati. A ottobre si è passati a una fase due, più offensiva che consente alla missione navale Ue di effettuare abbordaggi, perquisizioni, sequestri e dirottamenti di navi sospettate di essere impiegate per il traffico di esseri umani, ma soltanto in acque internazionali. “Dall’inizio dell’operazione, abbiamo osservato una riduzione del flusso di migranti proveniente dalle coste libiche”, ha aggiunto Credendino, secondo cui tale riduzione è legata “all’effetto dissuasivo” della missione.
L’ammiraglio ha inoltre sottolineato come l’operazione stia impedendo agli scafisti di trafficare nelle acque internazionali: “Non hanno più la libertà d’azione di prima”. Il flusso dei migranti dal sud è calato del 20%, continua Credendino, anche grazie alla maggiore capacità dell’Egitto di controllare le sue frontiere che impedisce ai migranti di arrivare in Libia. L’ammiraglio ha detto di non essere preoccupato per la possibile minaccia dell’Isis: ” Abbiamo certamente regole d’ingaggio molto robuste che consentono di tutelare i nostri equipaggi che peraltro sono molto ben addestrati per rispondere a qualsiasi tipo di minaccia”.
Il progetto iniziale della missione prevede anche il passaggio ad una fase tre di intercettazione dei barconi degli scafisti anche in acque territoriali libiche o lungo le coste del Paese. Questa fase rimane però bloccata dalla mancata formazione di un governo di unità nazionale in Libia che autorizzi la missione.