Bruxelles – Torna ad aggirarsi in Europa lo spettro dell’Aids. I numeri che emergono dal rapporto annuale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e del Centro europeo per il controllo delle malattie (Ecdc), sono allarmanti. Secondo il report, diffuso in occasione della giornata mondiale dell’Hiv del 1 dicembre, solo lo scorso anno si sono registrate nell’Ue 30mila nuove infezioni (e 142mila nella regione europea Oms), ovvero il numero più alto da quando è iniziato il conteggio negli anni ’80. Secondo Andrea Ammon, direttore dell’Ecdc “dal 2005 le nuove diagnosi sono più che raddoppiate in alcuni Paesi Ue mentre sono diminuite nel 25% del totale”. Complessivamente, spiega Ammon, “l’epidemia non vede grandi cambiamenti” e questo “testimonia che la risposta al virus non è stata efficace nell’ultimo decennio”.
Stando ai dati contenuti nel report, gli uomini europei sono tre volte più colpiti delle donne e l’11% dei contagi avviene tra i giovanissimi che hanno tra i 15 e i 24 anni. In aumento sono le infezioni da Hiv dovute a rapporti non protetti fra individui omosessuali, che sono passati dal 30% del totale dei nuovi casi nel 2005 al 42% nel 2014 . La diffusione del virus tra i partner eterosessuali si attesta attorno al 32%, mentre i contagi tra i tossicodipendenti, tramite l’utilizzo di siringhe infette, riguarda solo il 4,1%. “L’Europa – afferma Ammon – deve aumentare gli sforzi per raggiungere il gruppo degli omosessuali, anche valutando le nuove forme di intervento come la profilassi pre-esposizione”.
Per quanto riguarda l’Italia, secondo i dati recentemente diffusi dal report del Centro Operativo Aids (Coa) Italia dell’Istituto superiore di Sanità, nel 2014 si sono registrati 3.695 casi, con un’incidenza maggiore tra gli uomini (79,6% del totale dei contagi) e nella fascia tra i 25 e 29 anni. Tuttavia il dato allarmante non è tanto ascrivibile al numero dei nuovi contagi, che è rimasto relativamente stabile negli ultimi 3 anni, bensì al fatto che ben il 71% dei sieropositivi non sapeva di esserlo fino alla diagnosi di Aids, a fronte del 20% nel 2005.
Il problema è serio, e va affrontato il prima possibile. Complice la diffusione dei farmaci antiretrovirali e il conseguente aumento della sopravvivenza (grazie alle quali un malato che abbia beneficiato di una diagnosi precoce può avere un’aspettativa di vita simile a quella di un individuo sano) i governi europei hanno, negli ultimi anni, abbassato la guardia, scegliendo di diminuire le campagne per la prevenzione. Ma il virus è tutt’altro che debellato, l’Hiv rimane una malattia incurabile e l’abbassamento della consapevolezza generale è rischioso, soprattutto per i giovanissimi, come dimostrano i dati. È necessaria una generale inversione di tendenza con campagne che sottolineino, oltre alla necessità di prevenzione, anche l’importanza di una diagnosi precoce, che aumenta considerevolmente le possibilità di sopravvivenza e la qualità della vita dei malati.