Bruxelles – Mi sono alzato dal letto come tanti altri sabati questa mattina Bruxelles. Mi si preparava una giornata come tante in una famiglia: portare uno dei bambini a giocare la sua partita di rugby, poi alcune commissioni, mio suocero ospite dunque una visita a un museo si imponeva. Poi volevo fare un salto a trovare degli amici che hanno appena cambiato casa.
Invece.
Invece accendo il telefono e arriva un messaggio dell’allenatore di rugby: la partita è stata sospesa, per ordine della polizia. Poi altri messaggi, twitter, mail, qualche giornale on line, e scopro che tutta la città si è fermata. La metropolitana, venatura essenziale di Bruxelles, è chiusa, su tutte le linee. I musei sono chiusi, i centri commerciali del centro anche. Mi affaccio on line sulla città e scopro che le vie commerciali che il sabato, un sabato a quattro settimane dal Natale, sono deserte. Ci sono solo militari armati fino ai denti e qualche giornalista che fa foto e twitta. Tutti le stesse immagini, gli stessi commenti.
Mi affaccio alla finestra e le macchine sono tutte lì, parcheggiate. Non c’è posto dove andare, apparentemente. Anche i giardinetti con gli scivoli sono chiusi. Poi pian piano scopro che i negozi di quartiere sono spesso aperti, che il pane si può comprare, e anche il formaggio. Niente partite di rugby ma le commissioni che dovevo fare le posso fare.
Nel pomeriggio si decide di fare qualcosa. Andiamo ad una fabbrica di cioccolata che ha uno spaccio a poco prezzo. E’ aperto, ed è pieno di gente che compra. Lungo la strada, in periferia, scopro che i centri commerciali sono aperti, il “Re del materasso” ha i suoi clienti che scelgono su cosa dormire, come fanno i clienti di Ikea. Invece Decathlon è chiuso. Me ne torno verso il centro. Molti negozi sono aperti, ma non tutti. I grandi magazzini no, ma una metà di quelli più piccoli accolgono i loro clienti normalmente e non c’è polizia in giro. Ma c’è poca luce. Troppe le vetrine spente e soprattutto sono spente le decorazioni messe su per il Natale. Vado nella zona dei negozi più lussuosi, ad avenue Louise, e lì è il deserto. Solo qualche porta è aperta. Niente festosi tappeti rossi sul marciapiede. L’elegante negozio Nespresso è chiuso, come Zara. E’ aperto un Quick, la risposta francese a McDonald, ma sulla porta ci sono due soldati con il mitra. Non è un invito a entrare. Anche perché attorno è tutto buio, i pedoni si contano sulle dita di una mano.
E’ vero che piove, un po’, e che questa mattina ha nevicato, ma il bar sotto casa mia, che ha un bella tettoia e tante stufe sulla terrazza è del tutto vuoto, nessuno si siede ai suoi tavolini. Intanto mi arriva il messaggio che anche la riunione degli scout prevista per domani, domenica, è stata cancellata. Mi preoccupo perché il ministro degli Interni, dal ridicolo nome di Jan Jambon (“Giovanni Prosciutto”) dice che anche lunedì la città potrebbe mantenere il livello di allerta “4”, quello che oggi ha fatto chiudere la metropolitana e tutto il resto. Trovo una vecchia foto di una macchina della polizia di Bruxelles fermata con delle ganasce di quelle usate per bloccare chi si ferma nei divieti di sosta. La twitto, scrivendo di polizia in confusione e con l’hashtag “persorridereunpo’”. Mi rendo contro che i alcuni lettori del tweet si preoccupano che questa immagine possa creare nervosismo tra i cittadini, che potrebbero preoccuparsi di una inefficienza delle forze dell’ordine belghe. Allora cancello e rimando il tweet, precisando che è una foto d’archivio. E’ un brutto segno, vuol dire che la paura sta prendendo un po’ tutti.
Ci fanno restare a casa per proteggerci, certo, ma anche per consentire alle forze di polizia di muoversi meglio e, al contrario, di avere più difficoltà di movimento ai fuggiaschi ricercati. Ma mi viene anche qualche dubbio, mi domando se i terroristi così non abbiano già vinto, senza (ed è comunque meglio) sparare neanche un colpo. Stiamo nelle nostre case, un po’ spaventanti, un po’ senza niente di meglio da fare. Cambiamo il nostro stile di vita in una realtà da “dopo bomba”. Spero che se stanno cercando qualcuno lo trovino presto e ci facciano riprendere la nostra vita. Spero che sia vero quello che ha detto, tra i tanti, il presidente del Consiglio Matteo Renzi qualche giorno fa: “la libertà è più forte della barbarie, il coraggio è più forte della paura”. Spero che a Bruxelles sia in corso solo una grande, enorme, operazione di polizia, e che non si stia invece rivoluzionando la nostra vita.