Roma – La lotta all’Isis la si deve fare anche dentro l’Europa, e il fatto che molti dei terroristi che hanno agito nel nostro Continente siano cittadini europei impone maggiori controlli tanto per chi entra nell’area Schengen quanto per chi ne fa parte. È il ragionamento del vicepresidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, il quale apre alla possibilità di una revisione del trattato sulla libera circolazione.
Presidente, dopo gli attentati di Parigi alcuni stati hanno deciso di sospendere Schengen. È a rischio l’intero trattato?
Su Schengen dobbiamo forse rivedere alcune regole. Innanzitutto dobbiamo rafforzare le frontiere esterne e i controlli all’interno, anche per i cittadini europei, perché abbiamo visto che purtroppo la stragrande maggioranza di coloro che hanno partecipato alle azioni terroristiche in Europa avevano passaporto europeo. Io credo però che Schengen non debba essere cancellato ma si debbano prima applicare tutte le clausole che garantiscono più sicurezza in un momento così difficile. Poi, se c’è da correggere sulla base degli eventi e dell’esperienza, si dovrà correggere. Quello che bisognerà cancellare è il trattato di Dublino (sul diritto di asilo, ndr) che mi pare superato e obsoleto.
Lotta al terrorismo e gestione dell’immigrazione sono dunque correlate?
La prima sfida adesso è quella della lotta al terrorismo, ma è legata anche al fenomeno dell’immigrazione, perché molti di coloro che arrivano in Europa scappano dalla Siria, dove c’è l’Isis appunto.
La questione della sicurezza però rischia di rallentare ulteriormente il percorso dall’agenda europea per le migrazioni, che già prima faceva fatica ad avanzare.
L’Europa ha tre grandi sfide da affrontare: la lotta al terrorismo, la gestione dell’immigraizone e la crisi economica che ancora non è finita. Bisogna avere la capacità politica e la forza morale di affrontarle e vincerle tutte e tre insieme.
La richiesta di sostegno militare della Francia agli altri Paesi membri è una occasione per accelerare sulla difesa unica?
Intanto, l’appello della Francia ci dice che la guerra contro l’Isis non si combatte solo in Iraq e in Siria ma anche in Europa, e credo si debba rispondere tutti insieme sì alla richiesta francese. Poi, sull’accelerazione verso la difesa unica, siamo obbligati a farla. Non possiamo continuare ad andare avanti con 28 forze armate che fanno le stesse cose, 28 polizie che fanno le stesse cose. Ci sono Europol, Eurojust, si è cominciato ad avere una forma di collaborazione, ma non è sufficiente, dobbiamo fare molto di più. È l’unico modo per affrontare e vincere la sfida.
Posto che è una questione su cui sono soprattutto i governi a dover fare dei passi avanti, qual è il contributo del Parlamento europeo?
Il Parlamento europeo ha sempre spinto per una maggiore integrazione. L’ostacolo non è certo il Parlamento europeo ma è l’egoismo degli Stati membri, che spesso porta a non far crescere il progetto europeo.