Bruxelles – “La Ue deve rispondere con più sicurezza e prevenzione” alla sfida del terrorismo e finora “purtroppo non tutto quello che era da fare è stato fatto”, ma “ma il diritto alla sicurezza deve andare di pari passo con la sicurezza dei diritti”. Lo dice il sottosegretario Sandro Gozi prima del Consiglio Affari Generali, sottolineando che serve “più efficacia nella lotta contro i barbari del terrore, ma anche molta coerenza con i nostri valori fondamentali che sono stati attaccati attraverso i ragazzi massacrati al Bataclan”. La Ue quindi non deve dotarsi di strumenti come il ‘Patriot Act’ emanato dagli Stati Uniti dopo l’11 settembre? “E’ chiaro che, dal punto di vista nella ripartizione delle competenze attuali, ogni paese sarà spinto e farà di più per combattere le varie forme di terrorismo e soprattutto per prevenirle” risponde Gozi, aggiungendo che “il tema che emergerà oggi è lo stato di diritto e la questione digitale”.
“E’ chiaro che sul cyberterrorismo e sulla cybersicurezza, cose come quello che di recente abbiamo fatto in Italia per la lotta al riciclaggio attraverso il digitale, oggi lo possiamo fare solo a livello nazionale – spiega il sottosegretario – Questo deve proseguire e probabilmente sarà anche intensificato nei vari stati membri, ma tutto questo si deve basare su uno scambio di informazioni e su una forte cooperazione e soprattutto sullo sfruttare quello che si può fare di più a livello europeo che non abbiamo fatto”.
Per Gozi bisogna “lavorare ancora di più su quello che Schengen permette di fare dal punto di vista dei controlli e della sicurezza”. Ovvero, “molta più efficacia e rapidità”. Ma, sottolinea, “la risposta alla necessita’ di identificare di più e di difenderci di più come europei non può essere rimettere i muri e le barriere fra di noi”. Perché “è provato” che gli attentatori di Parigi erano di nazionalità francese e belga. Quindi, “la deriva” di tornare a costruire muri in Europa sarebbe quella di “mettere muri fra gli stati europei, fra le regioni europee, fra le città europee e poi fra gli europei”.
I ministri socialisti e democratici “rifiutano l’equazione ‘rifugiati tutti terroristi'” perché se è vero che dopo l’attacco a Charlie Hebdo “è evidente che molto è stato fatto, ma molto resta da fare” è anche vero che “una minaccia così transnazionale” come quella dei terroristi all’opera a Parigi “richiede chiaramente una risposta transazionale” e “richiudersi in risposte di politica nazionale o neonazionalistica è esattamente quello che i terroristi vogliono”. Così Sandro Gozi prima del Consiglio Affari Generali.
Per il sottosegretario agli affari europei, è “importante” che la Ue attui tutte le decisioni già prese dopo l’attacco del 7 gennaio e non ancora compiute e cita “il pnr, la revisione della direttiva sulle armi da fuoco e tutte quelle misure che la Ue può prendere per rafforzare la sua risposta al terrorismo”. Ma, ricordando che a Parigi hanno agito “giovani di nazionalità europea che hanno massacrato giovani di tutto il resto del mondo, manovrati da cellule transnazionali che si trovano fra Bruxelles e la Siria, Gozi osserva che “dovremmo anche avere il coraggio di parlare di integrazione di aspetti di intelligence e di polizia”.
I terroristi, sottolinea Gozi, “vogliono che facciamo l’identificazione per cui tutti gli immigrati sono terroristi, così tutti sono spinti all’ estremismo e i due estremi si combattono”. “Per questo – aggiunge – è importante l’iniziativa del ministro della difesa della Francia che ha attivato per la prima volta quella clausola articolo 42.7: indica che la risposta deve essere più cooperazione e più solidarietà europea, e questo è un punto molto importante”.
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