Bruxelles – La legge di stabilità così com’è non va bene, non piace alla Commissione europea che chiede di rivederla. Il parere tanto atteso dell’esecutivo comunitario non è una vera e propria bocciatura ma non ride all’Italia. Il nostro Paese “è a rischio di non conformità al Patto di stabilità e crescita”. In sostanza, non rispettiamo le norme europee e, soprattutto, gli sforzi di correzione richiesti. Proprio per questo motivo ci viene chiesto di “prendere le misure necessarie per assicurare che il bilancio 2016 sia in linea” con lo stesso patto di stabilità e crescita. “Al momento non possiamo dire né che garantiremo la flessibilità, né che il budget è conforme”, ha spiegato il commissario agli Affari economici Pierre Moscovici che ha affermato che la Commissione “considera che le riforme siano importanti e di qualità, e che la crescita torna”, ma l’obiettivo da qui alla Primavera, quando si avrà un parere definitivo sulla flessibilità richiesta dal nostro Paese sia per le riforme, che per gli investimenti strutturali che per l’emergenza rifugiati, “è verificare in che modo sono state fatte le riforme e gli investimenti”.
Conti pubblici – L’Ue non si fida. L’Italia resta comunque con un rapporto deficit/Pil sotto il 3%, ma Bruxelles ravvisa comunque “un rischio di significativa deviazione dal percorso di aggiustamento richiesto” verso gli obiettivi di medio termine. Pur essendo in regola sul deficit, Bruxelles rileva che l’obiettivo per il 2016 era deficit all’1,8% del Pil. Secondo la legge di stabilità il deficit sarà invece al 2,2% del Pil, con la Commissione Ue che lo prevede al 2,3%.
Flessibilità – L’Italia e la Finlandia sono gli unici due Paesi ad averla richiesta. Roma non la otterrà subito. Per quanto riguarda i criteri di ammissibilità per la clausola degli investimenti, “sembra che sulla base delle previsioni della Commissione possano essere soddisfatti”. Tuttavia l’esecutivo comunitario “terrà conto di questo nel contesto della valutazione del prossimo programma di stabilità”. Quanto alla flessibilità per i migranti, la Commissione effettuerà una valutazione finale sulla base dei dati che forniranno le autorità degli Stati, “quando valuterà (ex post) le deviazioni temporanee rispetto alle richieste per il 2015 e 2016”. Sarà “ex post” anche l’eventuale concessione di flessibilità legata alle riforme. La Commissione Ue farà dell’Italia oggetto di “stretto monitoraggio” per verificare che la deviazione dal percorso di risanamento dei conti “sia effettivamente dovuta a norme per aumentare gli investimenti, a piani credibili per il rilancio del percorso di aggiustamento verso gli obiettivi di medio termine, e sui progressi dell’agenda di riforme strutturali, che tenga conto delle raccomandazioni specifiche per paese”.
Fisco – È forse una delle note più dolenti per l’Italia e per il suo governo. Il documento di lavoro della Commissione allegato al parere chiarisce che “tra le principali misure col maggior impatto negativo sul deficit del 2016 contenute nella legge di stabilità”, ci sono l’abolizione della tassa sulla prima casa (dal valore complessivo di 3,6 miliardi, pari a circa lo 0,2% del Pil), ma prima ancora l’abolizione dell’aumento dell’Iva (dal valore complessivo di 16,8 miliardi, circa l’1% del Pil).
Il vicepresidente Valdis Dombrovskis, nel presentare le previsioni, ha detto chiaramente che la flessibilità, se verrà concessa, “non può essere usata per compensare i tagli alle tasse sulla casa”. Dombrovskis ha ribadito che la Commissione “in generale pensa che bisogna spostare la tassazione sul lavoro, specialmente quello pagato poco, verso altre voci che impattano meno sulla crescita come i consumi, i capitali e le proprietà”. Ma, ha aggiunto, “la decisione finale spetta al Paese”, che però “deve compensare” i tagli con altre entrate.
Mercato del lavoro – La Commissione europea ci contesta anche la decisione di ridurre i contributi alle imprese per le nuove assunzioni. Per Bruxelles ridurre del 40% gli sgravi fiscali sui nuovi contratti a tempo indeterminato ha un impatto negativo sui ricavi di 830 milioni di euro (o 0,05% del Pil) nel 2016 e di 1,2 miliardi di euro (o 0,075% del Pil nel 2017).
Spending review – L’idea piace, la traduzione in pratica un po’ meno. La componente principale della strategia di bilancio italiana è legata alla spending review, che dovrebbe comportare risparmi di spesa pari a circa lo 0,5% del Pil nel 2016, ma per la Commissione europea “c’è il rischio che alla fine parte delle risorse ridotte alle amministrazioni locali (tra cui quella per l’assistenza sanitaria) possa portare a un aumento delle tasse locali superiori e/o a minori investimenti”.