Roma – Le conclusioni vere e proprie del vertice G20 di Antalya, in Turchia, – che pure prevedono l’importante impegno a far crescere del 2% il Pil mondiale entro il 2018 – passano in secondo piano dopo gli attacchi terroristici di venerdì sera a Parigi. È proprio l’allegato in cui i leader concordano nove punti di una strategia di lotta al terrorismo a concentrare l’attenzione.
Il documento si apre con la condanna alle recenti stragi nella capitale francese e dell’attentato del 10 ottobre ad Ankara. “Rimaniamo uniti nel combattere” il terrore, scrivono i leader dei 20 Paesi più sviluppati, i quali non intendono “giustificare in alcuna circostanza” le azioni, i metodi e le pratiche terroristiche, “a prescindere da chi le usi”. Al quarto punto si sottolinea infatti che “il terrorismo non deve essere associato a nessuna religione, nazionalità, civiltà o gruppo etnico”. Una stigmatizzazione della caccia ai ‘bastardi islamici’ contro i quali si scagliava – con discutibile scelta editoriale – il giornale Libero il giorno dopo la mattanza di Parigi.
Nel contrasto alle organizzazioni terroristiche, i 20 leader ribadiscono “il pieno riconoscimento del ruolo centrale delle Nazioni unite”, chiamate in causa non solo per la ‘Strategia globale anti terrorismo’, ma anche come garante della tutela dei diritti umani e delle leggi internazionali sulla protezione dei rifugiati che rischiano di essere piegate alle ragioni della sicurezza.
Sulle misure concrete del contrasto, il documento mette in risalto la necessità di tagliare le fonti di finanziamento delle organizzazioni del terrore, attraverso una più stretta collaborazione nello scambio di informazioni e nei provvedimenti di congelamento dei beni. Una cooperazione da raggiungere, indicano il leader, anche attraverso l’implementazione in tutte le giurisdizioni degli standard indicati dalla Fatf (acronimo inglese per Task force di azione finanziaria), chiamata a identificare misure e cornici legali all’interno delle quali agire.
La guerra ai terroristi si continuerà a combattere anche sul terreno della propaganda, concordano i Paesi del G20. Bisogna infatti “prevenire gli incoraggiamenti, diretti e indiretti, al terrorismo, l’incitamento ai terroristi e la glorificazione della violenza”, con azioni volte a impedire l’utilizzo delle tecnologie della comunicazione. In altre parole, serve un controllo efficace sul web, sempre più strumento di proselitismo e coordinamento dei terroristi internazionali.
Quello dei cosiddetti ‘foreign fighters’ è un altro punto su cui i leader riuniti in Turchia hanno posto l’accento. Si tratta di un fenomeno che “preoccupa”, scrivono, non solo perché “si acutizza e cresce”, ma anche perché “riguarda tutti gli Stati, inclusi quelli di origine, di transito e di destinazione” dei combattenti. Per porre un argine verrà aumentata la collaborazione tra i Paesi, con un maggiore scambio di informazioni e una gestione delle frontiere volta a “monitorare i viaggi e individuare misure preventive per una risposta adeguata” in campo giuridico. Inoltre, si legge ancora nel documento, si lavorerà “insieme per rafforzare la sicurezza aerea globale”.
In chiusura, i leader garantiscono di non voler dimenticare “tutte le vittime degli attentati” e sottolineano come gli eventi recenti dimostrino “una volta ancora la necessità di aumentare la cooperazione e la solidarietà internazionale nella lotta al terrorismo”.