Roma – La ricollocazione dei rifugiati dall’Italia e dalla Grecia verso gli altri stati membri è troppo lenta e in queste condizioni non ha senso accelerare sull’apertura degli hotspot. Ne è convinto il presidente del gruppo S&D al Parlamento europeo, Gianni Pittella, il quale dà contemporaneamente ragione al capo dell’esecutivo comunitario, Jean Claude Juncker – che stima nel 2101 la fine del programma di relocation se si procede ai ritmi attuali – e al ministro degli Interni Angelino Alfano, secondo il quale non ci saranno nuovi hotspot in Italia finché gli altri Stati membri non cominceranno ad accogliere più rapidamente i profughi siriani ed eritrei stabiliti dal programma europeo.
Presidente, Juncker si è lamentato della lentezza delle relocation. Condivide il suo monito agli Stati membri?
C’è un problema di attuazione delle decisioni prese. Da questo punto di vista Juncker ha ragione, bisogna non soltanto prendere decisioni comuni in materia di immigrazione, ma anche attuarle concretamente. In questo l’Italia può dare lezioni, perché l’hotspot è stato realizzato in Italia e sta lavorando, cosa che non è successa in altre realtà per gli altri punti dell’Agenda europea per le migrazioni.
C’è ancora un solo hotspot nel nostro Paese e il ministro Alfano non è intenzionato ad aprire presto gli altri cinque richiesti dall’Ue. Anche l’Italia sta procedendo lentamente. Non trova?
Gli hotspot saranno realizzati. Il problema è che se si fanno, come l’Italia sta facendo, e poi non si fa la ricollocazione dei richiedenti asilo è inutile. Così gli hotspot diventano dei centri di detenzione e di cattura dei rifugiati. Noi non vogliamo centri di detenzione dei rifugiati. Quindi, deve funzionare il sistema degli hotspot ma deve funzionare anche il sistema di ricollocazione in tutti i paesi europei.
A questo proposito il premier Matteo Renzi si è spesso lamentato che ci siano anche governi socialisti a opporre resistenze. Cosa dice ai leader riluttanti che fanno parte della sua famiglia politica?
Renzi ha perfettamente ragione, anche loro devono dare il loro contributo. E vorrei ricordare che io sono stato uno dei pochi a chiedere la sospensione dal Pse del primo ministro slovacco Robert Fico.