Bruxelles – Perché l’accoglienza dei disperati in fuga dalla Siria dovrebbe considerarsi una questione esclusivamente europea? Come si può negare che si tratti di un fenomeno di portata globale? Con queste domande si presenteranno domenica al G20 di Antalya, in Turchia, i rappresentanti delle istituzioni europee. Il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, e quello del Consiglio europeo, Donald Tusk, lo hanno messo nero su bianco nella lettera ai leader europei sulla partecipazione Ue alla riunione: “Il G20 deve essere all’altezza della sfida posta dalla crisi dei rifugiati”, e “portare una risposta coordinata e innovativa”, che promuova “maggiore solidarietà internazionale nella protezione dei rifugiati”, scrivono i due. E in questo senso affermano di voler lavorare per garantire “un risultato concreto”.
Ma non sarà così semplice. “La discussione sarà difficile e non si andrà molto oltre al riconoscimento del fatto che si tratta di un problema globale”, ci spiega una fonte europea secondo cui quello a cui si potrebbe aspirare è “un impegno accresciuto sui ricollocamenti, soprattutto da parte di Usa e Arabia Saudita”, che potrebbero promettere di farsi carico di alcuni dei rifugiati che arrivano in Europa. In questa trattativa l’alleato chiave sarà proprio la Turchia, il Paese che ospita il summit, e che parallelamente sta già portando avanti un negoziato con Bruxelles per sostenere l’Ue nell’affrontare la crisi, in cambio di aiuti economici, la velocizzazione del processo di liberalizzazione dei visti e l’apertura di nuovi capitoli nel processo di adesione.
L’Europa spingerà molto sull’argomento che la causa di questa ondata migratoria massiccia è la guerra in Siria, e che questa non è una cosa che tocca solo l’Europa, ma un problema umanitario che riguarda quindi il mondo intero. E quindi anche le sue conseguenze
A rappresentare l’Ue al G20 di Antalya oltre a Juncker e Tusk ci saranno anche il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici, e l’Alto rappresentante per la politica estera, Federica Mogherini.