Bruxelles – Se fino a pochi giorni fa ci si nascondeva ancora dietro “l’avvio delle operazioni” o “la normale fase di rodaggio”, ormai lo si dice apertamente: i trasferimenti dei rifugiati da Italia e Grecia verso gli altri Paesi europei procedono troppo lentamente. “Non sono per nulla soddisfatto con il ritmo dei ricollocamenti tenuto fino ad ora”, chiarisce il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker. Al summit straordinario dei capi di Stato e di governo sull’immigrazione a Malta il capo dell’esecutivo Ue si presenta dopo avere fatto calcoli, per nulla incoraggianti: “Finora abbiamo ricollocato 130 persone, mentre la nostra intenzione è ricollocarne 160 mila: se continuiamo con questo ritmo i 160mila saranno raggiunti il 1 gennaio 2101”, avverte Juncker. Sembra una barzelletta e invece è tutto vero. “Non abbiamo molto tempo”, ora “bisogna adottare un ritmo più ambizioso” avverte il presidente della Commissione, dicendo comunque di “avere buone speranze che questo si possa fare” perché al summit di oggi “nessuno ha rimesso in discussione la necessità dei ricollocamenti o la cifra dei 160mila”.
I ricollocamenti non sono l’unico aspetto della questione immigrazione su cui l’Ue deve fare ancora molto. Il lavoro continua particolarmente frenetico anche sul tentativo di concludere un piano di azione comune sui rifugiati con la Turchia, per convincere il Paese a fare il possibile per trattenere oltre due milioni di profughi siriani che altrimenti l’Europa rischia di vedere approdare sulle proprie coste. “Con il presidente Juncker incontreremo il primo ministro Davutoglu e il presidente Erdogan a margine del G20”, fa sapere il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, anticipando anche che è già in programmazione “un summit straordinario con i 28 sulla Turchia” che si terrà a Bruxelles “al 99% entro fine novembre”, si parla di domenica 29.
“I negoziati procedono bene e sono vicini alla conclusione”, assicura Juncker, ammettendo però che ancora rimane il problema “dell’appoggio finanziario” che, precisa, “non sono soldi alla Turchia ma soldi ai rifugiati siriani in Turchia”. L’esecutivo Ue, ricorda il presidente della Commissione, è pronto a mettere sul tavolo 500 milioni, questo vuol dire che dagli Stati Ue dovrebbero arrivare 2,5 miliardi visto che Ankara ha fatto sapere di non essere disposta a collaborare per meno di 3 miliardi. Un traguardo tutt’altro che facile da raggiungere vista anche la reticenza dei Paesi a rispettare gli impegni presi in termini di contributi ai fondi fiduciari per la Siria e per l’Africa. “È difficile – ammette Juncker – ma riusciremo a fare in modo che ci arriveremo e concluderemo i nostri negoziati con la Turchia”.