Roma – Il Ttip continua a destare perplessità, anche tra gli agricoltori, ma “non deve essere demonizzato”, perché potrebbe rivelarsi “un rischio per la nostra economia” oppure diventare “una opportunità” per aumentare il commercio di prodotti agroalimentari italiani ed europei. È la tesi che le associazioni di categoria hanno esposto oggi, a Palazzo Madama, in audizione davanti alla commissione Politiche Ue.
È stato Vincenzo Lenucci, rappresentante di Confagricoltura, a sostenere che “gli atteggiamenti oltranzisti oltremodo negativi non vanno appoggiati”, e che “guardare all’accordo commerciale tra Ue e Usa solo come un rischio è un approccio minimalista”. Lenucci ritiene che “l’abbattimento delle barriere tariffarie porterà vantaggi relativamente maggiori agli esportatori statunitensi rispetto a quelli europei”. Dall’altro lato, però, è convinto che se si riuscissero a “eliminare le barriere non tariffarie sulle esportazioni di mele e pere, ad esempio, il settore agricolo italiano avrebbe un enorme beneficio”.
Anche Enrico Fravili, a nome di Copagri, ha bocciato le “posizioni preconcette sul Ttip”, pur sottolineando che “ci sono perplessità sulla tutela della salute e dell’ambiente”, oltre che sulla partita relativa agli Ogm. Quello che “non ci è piaciuto”, ha indicato ancora Fravili, “è la riservatezza dei negoziati” che impedisce una valutazione approfondita dei possibili impatti dell’accordo. L’esponente di Copagri chiede di “capire dove ci portano” i negoziati, “perché forse tutto questo entusiasmo sulle possibilità di profitti maggiori non è così fondato”.
La scarsa accessibilità delle informazioni sulle trattative è una critica che accomuna tutte le organizzazioni che hanno preso parte all’audizione, inclusa la Coldiretti rappresentata da Stefano Masini, il quale ha messo l’accento sulla questione che più preme agli operatori del comparto agroalimentare italiano: la tutela dei marchi e delle indicazioni geografiche. Ricordando che l’orientamento europeo è quello di ottenere una tutela analoga a quella inserita nell’accordo con il Canada, Masina evidenzia come in quel trattato sia presente “una lista che prevede 173 prodotti italiani a fronte delle 274 indicazioni tipiche riconosciute” al nostro Paese dall’Ue. “Perdiamo la tutela per oltre cento prodotti”, denuncia.
Quella delle produzioni tipiche è una filiera basata principalmente sulle piccole imprese, secondo le associazioni di categoria sono proprio queste a correre i rischi maggiori se il Ttip non riconoscerà una adeguata protezione dei marchi. Lo sottolinea anche Gaetano Pascale, presidente di Slow food Italia, manifestando il “timore che i benefici economici del trattato vadano appannaggio di produzioni già strutturate per affrontare un sistema altamente competitivo e svantaggi le piccole produzioni di qualità”. Pascale ha invitato inoltre a “non dimenticare la questione occupazionale”. A suo avviso, “in un’ottica di abbattimento dei costi”, propria di “un sistema altamente competitivo, rischiano di contrarsi non solo i diritti ma anche il numero dei lavoratori.
A margine dell’audizione, la vice presidente della Commissione, Elena Fattori (M5S), ha sottolineato come le perplessità espresse dalle organizzazioni siano “la conferma che l’informazione sui contenuti del trattato è inesistente” e che “il Ttip è un trattato antidemocratico, che si svolge nelle segrete stanze della Commissione europea”, un problema che, secondo la senatrice, “viene ignorato dai politici italiani”.