Roma – È una difesa a spada tratta della Tasi quella che il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, mettono in campo dopo le critiche piovute ieri dalla Corte dei conti e da Bankitalia. Entrambi continuano a difendere la misura più criticata anche da Bruxelles: l’abolizione delle tasse sull’abitazione principale. Ieri sera, davanti ai parlamentari del Pd, il premier ha sostenuto la bontà del provvedimento, sottolineando che “l’82% dei proprietari di prima casa sono pensionati, dipendenti o disoccupati”. Dunque, a suo avviso “si può dir tutto, ma non che togliere la Tasi aiuti i più ricchi”.
L’obiezione di Bruxelles, in effetti non è questa, ma riguarda gli effetti limitati della misura sul rilancio dell’economia, obiettivo dichiarato dal governo e confermato da Padoan questa mattina, in audizione davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato. L’eliminazione della Tasi sulle prime case “mira a modificare le aspettative delle famiglie e le relative decisioni di consumo”, ha spiegato, anche se ieri palazzo Koch ha indicato che tale effetto si limiterà alle famiglie con scarsa liquidità.
Il titolare di Via XX Settembre è intervenuto anche sulle clausole di salvaguardia. “Saranno dimezzate nell’arco dell’attività di questo governo”, ha promesso rispondendo alle preoccupazioni per il rinvio al prossimo anno degli eventuali aumenti delle accise sui carburanti e delle aliquote Iva.
In generale, il premier e il suo ministro dell’Economia difendono la scelta di una manovra espansiva. Per l’inquilino di Palazzo chigi è “assurda” l’accusa di aver disegnato una manovra in deficit. Anche se Padoan non ha potuto evitare di ammettere che “il saldo strutturale” dei conti pubblici “peggiora ma entro i limiti consentiti” dalle regole europee. In altre parole, il deficit aumenta ma si rimane entro la soglia del 3% sul Pil. Questo grazie alle clausole di flessibilità cui il nostro paese si è appellato e che la Commissione europea pare orientata a riconoscere, inclusa quella sulle spese straordinarie per l’emergenza immigrazione.
In ogni caso, Padoan assicura la riduzione del “rapporto debito/Pil, che scenderà nel 2015 dopo 8 anni consecutivi di crescita” e lo farà “a ritmi ancora più sostenuti negli anni successivi”, nonostante la scelta di rallentare il percorso di risanamento dei conti pubblici. Una decisione che il ministro attribuisce alla “necessità di non interrompere il sentiero di crescita” dell’economia italiana, imboccato a suo avviso grazie alle riforme strutturali messe in campo dall’esecutivo.
Molto critiche sulla legge di stabilità sono le Regioni, che hanno visto ridursi a un miliardo l’aumento del fondo per la Sanità, una cifra che secondo i governatori non basta per continuare a garantire i livelli minimi di assistenza e rischia di mettere in crisi l’erogazione dei farmaci salvavita. Renzi stamane li ha invitati a “spendere bene” i fondi a disposizione, e nel pomeriggio li incontrerà a palazzo Chigi per cercare un’intesa, anche se la disponibilità del governo a rimettere mano alla manovra appare molto ristretta.
Sul piano politico, il premier continua a sostenere che la legge finanziaria per il prossimo anno sia “di sinistra”, ma è proprio da sinistra che il suo partito continua a perdere pezzi. Dopo l’incontro di ieri sulla legge di stabilità, tre deputati bersaniani, Alfredo D’Attorre, Carlo Galli e Vincenzo Folino, hanno annunciato che abbandoneranno il Pd.