Roma – Se il mondo politico italiano non osa criticare l’abolizione delle imposte sulla prima casa, voluta dal governo nella legge di stabilità in discussione al Senato, le perplessità manifestate più volte dalla Commissione europea sulla misura non riguardano solo Bruxelles. A casa nostra tocca alle istituzioni indipendenti dal consenso politico segnalare i dubbi. Sono infatti la Corte dei conti e Bankitalia, in audizione davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, a evidenziare gli elementi di criticità.
Per il presidente dei giudici contabili, Raffaele Squitieri, “la tassazione che riguarda gli immobili”, così come ridisegnata dall’esecutivo, “risulta ancora senza una fisionomia definita e richiede una particolare attenzione”, poiché bisognerà valutare “come si distribuirà il reintegro” del mancato gettito per gli enti locali.
Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha infatti promesso che l’abolizione della Tasi non costerà “nemmeno un centesimo” ai Comuni. Per Squitieri, la soluzione individuata “non risulta neutrale, né ai fini della determinazione del gettito complessivo” da restituire “né ai fini della sua distribuzione sul territorio”. Viene tolta autonomia decisionale agli Enti locali perché “si cristallizzata” la situazione al 2015, aggiunge il magistrato, dunque si premiano quelle realtà che hanno scelto di imporre l’aliquota più alta. Inoltre, prosegue ancora, il rischio è di “accentuare le distorsioni” di “un panorama già fortemente differenziato del fisco sul territorio”, a causa del “previsto blocco” agli aumenti di tributi e addizionali che costituiscono lo spazio di manovra delle amministrazioni locali.
Le critiche di Bankitalia all’abolizione della Tasi sulla prima casa riguardano invece i possibili effetti positivi sull’economia. Federico Signorini, vice direttore generale dell’Istituto, conferma la tesi della Commissione europea: ridurre il carico fiscale sul lavoro è “meglio in grado di innalzare la crescita, anche nel medio periodo, rispetto ad alleggerimenti delle imposte sul patrimonio”, evidenzia.
L’esponente di Palazzo Koch ridimensiona poi gli effetti di incremento della domanda interna. Il minore gettito dovuto alla misura (inclusa l’abolizione dell’Imu su terreni agricoli e macchinari fissi) è di “4,5 miliardi di euro all’anno”, ricorda, ma l’incentivo all’aumento dei consumi rischia di rimanere “circoscritto alle famiglie soggette a vincoli di liquidità”.
Anche Banca d’Italia segnala ulteriori criticità legate alla restituzione del mancato gettito Tasi ai Comuni. L’aumento dei trasferimenti statali, con la contemporanea riduzione dei tributi propri degli Enti territoriali, secondo Signorini “comporta il rischio di creare incentivi” per la crescita della spesa locale. Per questo l’invito è di adottare “attente misure di controllo”.
Ulteriori critiche alla legge di bilancio riguardano la scelta di disinnescare le clausole di salvaguardia per il 2016, non annullando ma rinviando l’aumento dell’Iva e delle accise sui carburanti. Riguardo all’Imposta sul valore aggiunto, rimangono invariate le aliquote per il prossimo anno, ma aumentano “significativamente nel 2017”, evidenzia Signorini. Il governo ha infatti previsto che, salvo novità future, tra due anni aumenterà tanto l’aliquota ridotta, che dall’attuale 10% passerà al 13%, quanto quella ordinaria, che salirà al 24% dall’attuale 22% e nel 2018 raggiungerà il 25%. Le accise sui carburanti, invece, potrebbero aumentare prima, il prossimo 31 marzo, se il prolungamento della ‘voluntary disclosure’ per il rientro dei capitali nascosti all’estero dovesse garantire entrate inferiori ai 2 miliardi previsti.
Netto il giudizio dell’esponente di Bankitalia, secondo il quale “i ripetuti cambi di direzione in materia di clausole di salvaguardia sono un elemento di incertezza”. Se la loro disattivazione non è accompagnata da un taglio delle uscite statali, ammonisce, il rischio è di “indebolire la credibilità del processo di revisione della spesa e di consolidamento dei conti pubblici”.
Riguardo al congelamento degli aumenti Iva, Squitieri ha manifestato dubbi indicando che il contesto economico attuale “suggerirebbe” invece “un articolato intervento sulle aliquote e sulla struttura stessa dell’Imposta” a partire da subito. Il magistrato contabile ha indicato poi nel “crescente ricorso a clausole di salvaguardia” e nelle “coperture una tantum” gli elementi di maggiore “incertezza” di una manovra giudicata tutto sommato positiva.
Sulla valutazione, tuttavia, pesa un ulteriore elemento di imprevedibilità legato alle condizioni macroeconomiche. “Il rallentamento dei Paesi emergenti”, segnala infatti Squitieri, “costituisce un rischio evidente per il consolidamento della ripresa in corso”. Gli fa eco Signorini, secondo il quale, “perché il rapporto tra debito e Pil scenda, nel 2016”, è necessario un tasso nominale minimo di crescita “appena inferiore al 2%”. Il risultato può essere raggiunto, secondo il direttore generale, ma “i margini non sono elevati” e, soprattutto, “non si possono escludere eventi contrari in arrivo da un eventuale peggioramento della congiuntura globale”.
Del problema è conscio lo stesso Renzi. Bisogna vedere come deciderà di usare l’ulteriore flessibilità che Bruxelles pare orientata a riconoscere sulle spese per i migranti. Il premier ha annnunciato di voler anticipare la riduzione Ires prevista per il 2017, ma potrebbe ripensarci per avere un margine più ampio nel caso che la crisi cinese abbia effetti più pesanti di quelli registrati finora sulle economie europee.