Bruxelles – Con il lancio della missione Ue contro gli scafisti in partenza dalla Libia, l’Italia è diventata il Paese europeo che paga il costo più alto per le missioni militari Ue. Le forze europee, in questo momento, sono attive su sei diversi teatri e in ben due di questi, il nostro Paese è “nazione quadro” cioè svolge un ruolo centrale dal punto di vista logistico e strategico. Nessun altro Paese Ue ha contemporaneamente la guida di due diverse missioni. L’Italia fa la parte del leone nella recente missione militare contro il traffico dei migranti, la cosiddetta operazione Sofia: il quartiere generale è a Roma, la missione è guidata dall’Italiano Enrico Credendino, e il nostro Paese ha messo a disposizione la nave Cavour, la più grande di quelle offerte dagli Stati, che è stata trasformata in centrale operativa. Ma il nostro Paese ha un ruolo chiave anche in Somalia, dove abbiamo il comando della missione di formazione Ue, con il generale di brigata Antonio Maggi. I nostri uomini, poi, sono presenti anche con un comando di una quarantina di soldati in Mali, partecipano alla missione Althea in Bosnia e alla missione Atalanta (contro la pirateria nel Corno d’Africa) di cui recentemente ha assunto la guida un altro italiano, l’ammiraglio Stefano Barbieri.
Un impegno considerevole, in termini di costi diretti, ma anche indiretti (strutture e mezzi messi a disposizione, ad esempio il quartiere operativo della missione Sofia a Roma e la nave Cavour). Ma a pesare è anche il rischio “politico” che ci si assume prendendo la guida di missioni pericolose, dove la possibilità di eventuali incidenti, con la morte di uomini europei, è purtroppo da mettere in conto. “L’Italia con l’operazione in Somalia e con l’operazione Sofia paga un prezzo molto elevato”, ammette Patrick de Rousiers, presidente del Comitato militare dell’Unione europea. In Somalia gli italiani “fanno il maggiore sforzo sulla protezione delle forze, hanno rinforzi pronti nel caso che la situazione peggiori e nell’operazione Sofia stanno impegnando un gran numero di uomini, hanno la nave più grande e il quartiere operativo”. Il nostro Paese, dunque, si prende “il rischio politico ma anche le conseguenze finanziarie di essere nazione quadro”.
La cosa è in parte normale, ma nel corso della riunione dei capi della difesa Ue a Bruxelles, il nostro Paese, insieme ad altri, ha avanzato la richiesta di una “maggiore condivisione degli oneri”, spiega de Rousiers, ricordando che in sei operazioni ci sono quattro nazioni quadro: Italia, Austria, Gran Bretagna e Francia. Si tratta soprattutto di suddividere meglio gli “oneri finanziari” visto che “abbiamo diverse nazioni che partecipano” ma sono sempre poche quelle che effettuano sforzi davvero consistenti. Tra queste senza dubbio l’Italia.