Strasburgo – La decisione della Iarc, l’Agenzia internazionale per la ricerca sui tumori dell’Organizzazione mondiale della sanità, di inserire le carni lavorate tra gli elementi cancerogeni più pericolosi (gruppo 1), alla stregua di arsenico, tabacco e amianto e la carne rossa tra i probabilmente cancerogeni (gruppo 2a), è stato “sparare nel mucchio”, un “eccesso”, anche dal punto di vista scientifico “poco sostenibile”. Paolo De Castro, eurodeputato Pd e capogruppo S&D in commissione Agricoltura, della quale è stato presidente nella scorsa legislatura dopo essere anche stato ministro dell’Agricoltura, è preoccupato per la decisione dell’Oms e la critica ritenendola esagerata.
Teme ripercussioni per il settore agroalimentare?
“Certo, e purtroppo le prime conseguenze le stiamo già verificando, si registra già un calo dei consumi e stamattina le prime stime parlano di almeno un meno 20%, e non c’è nessuna giustificazione”.
Si tratta comunque di rischi per la salute, forse una riduzione dei consumi non farebbe male
“Ma che la carne rossa non va mangiata in quantità superiori a un certo livello non è una novità. Ma la carne bovina mangiata due volte alla settimana invece dà un apporto di proteine nobili importanti e non c’è nutrizionista che possa rilevare problemi di sorta”.
Lei ritiene quindi eccessiva la decisione dell’Oms?
“Purtroppo è stato uno sparare nel mucchio: definire la carne cancerogena alla stregua delle sigarette è stato un eccesso, e anche dal punto di vista scientifico poco sostenibile. Il tema come al solito è di educazione alimentare. Bisogna informare bene il consumatore e avere una dieta equilibrata, che significa tutto sommato una dieta che si avvicina alla nostra, visto che in Italia c’è uno dei consumi pro capite più bassi rispetto ai Paesi vicini. E poi facciamo meno uso di carni trattate in maniera forte, non c’è un grande consumo di wurstell o carne affumicata. Abbiamo però un consumo di insaccati più alto di altri Paesi, anche se come è noto gli insaccati che consumiamo sono solo carne stagionata con apporto del sale”.
Anche quelli sono insalubri?
“La decisione riguarda inevitabilmente prodotti come prosciutto, culatello e salame. Ma non si mette in discussione la loro salubrità, il problema è la quantità dei consumi. Anche l’alcool era già nell’allegato numero uno dei prodotti cancerogeni, eppure sappiamo che in quantità moderata, tipo un bicchiere di vino al giorno, non ha assolutamente effetti negativi e anzi i cardiologi dicono che fa bene”
Una migliore etichettatura dei cibi potrebbe aiutare?
“Io temo che ora ci sia il pericolo di innescare una corsa a sistemi di etichettatura come il semaforo inglese che è esattamente contro la logica dell’informazione. Noi vogliamo un’etichettatura che dia tutte le informazioni al consumatore, un’etichettatura di origine e con informazioni nutrizionali. Ma i semafori sono un’altra cosa perché non informano ma condizionano. Basti pensare che in Gran Bretagna hanno già messo il semaforo rosso su Parmigiano reggiano e prosciutto di Parma. Ora lo metteranno anche su tutte le carni e le salsicce? Facciamo attenzione”.
Che altri interventi si potrebbero immaginare allora?
“Serve sicuramente una maggiore educazione alimentare. In Europa stiamo discutendo ad esempio un piano che dobbiamo approvare, e che spingerà per il consumo di latte e frutta nelle scuole e che dovrebbe fornire agli Stati risorse per programmi specifici sull’educazione alimentare”.