Bruxelles – Concordare “misure operative applicabili fin da lunedì”. Con questo obiettivo dichiarato i leader dei Paesi Ue più toccati dalla seconda ondata di rifugiati, che arriva soprattutto lungo la rotta dei Balcani occidentali, si ritrovano oggi a Bruxelles per un mini summit in formato ridotto. A convocarlo il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, che ha in qualche modo scavalcato il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk a cui spetta la convocazione dei vertici a ventotto. A spingere fortemente per questo appuntamento soprattutto la piccola Slovenia, al collasso per il pesantissimo afflusso di rifugiati da quando l’Ungheria ha sigillato, dopo il confine con la Serbia, anche quello con la Croazia. Ma pare che anche la cancelliera tedesca Angela Merkel, che sarà presente alla riunione, abbia insistito per riconvocare almeno una parte dei leader a pochissimi giorni dall’ultimo Consiglio europeo, svoltosi il 15 ottobre. Berlino infatti non perde occasione per fare pressione sui partner per arrivare, nei prossimi mesi, ad un difficilissimo accordo su un sistema permanente di quote per la redistribuzione dei rifugiati.
La bozza di accordo avanzata da Juncker, sui cui oggi si tenterà di raggiungere un accordo, prevede un piano operativo in 16 punti. Per prima cosa gli Stati dovrebbero impegnarsi a non lasciare uscire dal proprio territorio verso un altro Paese i migranti senza l’accordo di quel Paese. Le autorità dei diversi Stati, poi, dovrebbero mettersi in contato già nell’arco di 24 ore, per iniziare la cooperazione scambiandosi informazioni sull’arrivo e sul transito dei migranti e agendo di comune accordo. I Paesi, secondo il testo, potranno rifiutare l’ingresso ai migranti che non confermino l’intenzione di fare domanda di protezione internazionale ma tutti dovranno impegnarsi a trattare i migranti “in modo umano”. Per rafforzare la protezione delle frontiere esterne dell’Ue si pensa poi ad una nuova operazione Frontex al confine tra Grecia, Macedonia e Albania con l’obiettivo di registrare i migranti che non sono stati registrati ad Atene. Frontex dovrebbe anche fornire supporto ai confini della Croazia e inviare 400 guardie di frontiera in Slovenia.
Ma il piano, solo abbozzato, suscita già le critiche di alcuni leader. È il caso del premier croato, Zoran Milanovic, che ha già definito le proposte contenute nella bozza come “insensate e completamente non realistiche”. Impossibile, secondo il premier croato, “trattenere questa gente” e vedere approvata la proposta secondo cui i Paesi sulla rotta balcanica non dovrebbero lasciare transitare i migranti verso un altro Stato senza l’approvazione dello stesso. “Chiunque abbia scritto quest’idea non capisce cosa sta succedendo”, attacca Milanovic chiarendo che “la Croazia non intende diventare un hotspot sulla rotta dei Balcani”. Critici anche altri tre Paesi della regione: Serbia, Bulgaria e Romania che, dopo un incontro il vista del vertice, hanno fatto sapere, per bocca del premier bulgaro Boyko Borisov: “Non esporremo i nostri Paesi alla pressione devastante di milioni di persone intenzionate a entrare irregolarmente” e soprattutto “non lasceremo che i nostri Paesi diventino una zona cuscinetto” dove i migranti vengono fermati prima di potere arrivare in Austria o Germania. La riunione insomma si preannuncia complessa.
Al summit partecipano il cancelliere austriaco, Werner Faymann, il primo ministro bulgaro, Boyko Borissov, la cancelliera tedesca, Angela Merkel, il presidente macedonoe, Gjorge Ivanov, il primo ministro greco, Alexis Tsipras, quello croato, Zoran Milanovic, il primo ministro ungherese, Viktor Orban, il presidente romeno, Klaus Iohannis, il primo ministro serbo, Aleksandar Vucic e quello slovacco, Miro Cerar. Presenti anche il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, Jean Asselborn, ministro per gli Affari europei del Lussemburgo, Paese che detiene la presidenza di turno dell’Ue, il direttore esecutivo di Frontex, Fabrice Leggeri e quello dell’Ufficio europeo di supporto all’asilo, Robert K. Visser.
Non è invece prevista la presenza di Matteo Renzi in rappresentanza dell’Italia, Stato che pure con l’immigrazione ha a che fare eccome. Ma il Paese “non è direttamente coinvolto nella rotta balcanica” al momento più colpita, spiega il portavoce della Commissione europea, Margaritis Schinas. Il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, “è in contatto con tutti i colleghi del Consiglio europeo – chiarisce il portavoce – ma c’è consenso che la riunione di domenica sia molto operativa e che non si tenga nel contesto dei vertici a 28”.
Sul tavolo soprattutto la situazione della Grecia, dove i migranti continuano a sbarcare e nessuno degli hotspot che dovrebbero servire per registrare i migranti e stabilire chi ha il diritto di asilo e chi no, è ancora stato attivato. Ma anche quella di Croazia, che ha registrato da metà settembre oltre 230 mila transiti, e Slovenia che registra una media di 6mila accessi, oltre il doppio di quelli che il Paese è in grado di gestire secondo il suo esecutivo (2.500 al giorno). Negli ultimi giorni Lubiana ha registrato anche picchi di 12.600 ingressi, livelli che non erano stati raggiunti neanche dall’Ungheria nei tempi peggiori. Budapest dal canto suo, se ne sta tranquilla godendosi gli effetti delle barriere di filo spinato fatte costruire dal premier Viktor Orban ai confini con Serbia e Croazia, che hanno portato un calo drastico negli accessi. Tanto che ora anche Lubiana minaccia di seguire la stessa strada: gli organi di competenza sloveni stanno valutando l’idea di munirsi di barriere protettive sul confine con la Croazia, da utilizzare in caso di necessità, ha fatto sapere il ministro degli Esteri, Karl Erjavec. Ma prima il ministro ha avvertito l’Ue Avramopulos della necessità di un piano d’azione per la rotta balcanica dei migranti. Vediamo se oggi si riuscirà ad arrivarci.