Bruxelles – Le quote latte sono state abolite, ma l’Italia deve pagare ancora una multa. Per il periodo 2014-2015, l’ultimo in cui il regime era in vigore, il nostro Paese ha sforato dell’1% (109.721 tonnellate) il quantitativo di produzione assegnata e dovrà per questo pagare, entro al 30 novembre, una multa di oltre 30 milioni e mezzo di euro. Lo fa sapere la Commissione europea, comunicando che, oltre al nostro Paese, altri 11 hanno superato il tetto di produzione: si tratta di Belgio, Danimarca, Germania, Estonia, Irlanda, Spagna, Cipro, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria e Polonia. In tutto sono stati prodotti quasi 3 milioni di tonnellate di latte di troppo e in tutto i Paesi interessati dovranno pagar multe per 818 milioni.
La sanzione più alta, ben 309 milioni, sarà pagata dalla Germania, che ha superato la sua quota di produzione del 3,7%. Seguono la Polonia con 161 milioni e mezzo di multa per uno sforamento del 5,8% e poi Olanda (135 milioni per un surplus del 4,1%) e Irlanda con 71 milioni per il 4,4% di latte in eccesso prodotto. L’Italia si piazza al sesto posto della classifica negativa con 30 milioni e 535 mila euro da pagare. Quest’ultima multa è la prima che l’Italia paga per le quote latte da cinque anni a questa parte. Sedici Stati membri sono rimasti sotto la quota di produzione assegnata, dieci dei quali addirittura di oltre il 10%.
Il regime delle quote latte,introdotto nel 1984, è stato abolito il 1 aprile 2015. “Le nuove multe per il superamento da parte dell’Italia del proprio livello quantitativo di produzione assegnato dall’Unione Europea nel 2014/15 chiudono un’epoca durata 30 anni”, commenta Coldiretti, ricordando che “il difficile iter legislativo per l’applicazione delle quote latte ha consentito alla stragrande maggioranza dei 35mila allevatori di mettersi in regola acquistando o affittato quote per un valore complessivo di 2,42 miliardi di euro mentre solo una sparuta minoranza è responsabile delle pesanti pendenze con l’Unione Europea del passato”. Per l’associazione degli agricoltori si tratta di “un comportamento che fa concorrenza sleale alla stragrande maggioranza degli allevatori italiani e mette a rischio la credibilità delle istituzioni nei confronti dei cittadini e dell’Unione Europea”.