Roma – Lo scandalo del software truccato sulle vetture diesel di Volkswagen potrebbe avere ricadute anche sul Ttip, l’accordo di libero scambio tra Europa e Stati uniti. È il timore espresso da Giorgio Squinzi, numero uno degli industriali italiani, in audizione davanti alle commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera. Secondo il presidente di Confindustria, la vicenda della casa automobilistica di Wolfsburg ha “indebolito fortemente, e ulteriormente, la posizione negoziale europea rispetto alla definizione di standard produttivi”.
Il rappresentante degli imprenditori è convinto che “gli Stati uniti metteranno forti vincoli sull’industria automobilistica”, e prevede che “l’impatto sul settore avverrà in fase di attuazione del Ttip”. A suo avviso, il rischio è “che il nostro Continente possa subire” decisioni “o addirittura standard decisi da Usa e Paesi asiatici”. Uno scenario che “potrebbe comportare asimmetrie nella concorrenza” per le aziende europee.
L’apprensione di Squinzi è rivolta non solo ai nuovi test che l’Ue vuole introdurre per l’omologazione delle auto da immettere sul mercato. Infatti cita la “revisione, in dirittura d’arrivo, della direttiva Emission trading”, quella che regola i permessi per le emissioni di carbonio, e il “varo del Green act”, la nuova legge italiana sull’ambiente alla quale il governo sta lavorando.
Per evitare di “chiudere i pacchetti legislativi con misure che andrebbero a incidere negativamente sulla tenuta della nostra industria”, sostiene il numero uno di Viale dell’Astronomia, è necessario non assumere “decisioni sull’onda dell’emotività, compromettendo la qualità delle norme e introducendo standard più rigidi di quelli necessari”. Starà alla politica, italiana ed europea, trovare il giusto equilibrio tra le ragioni della produzione industriale – e quindi dell’occupazione – e quelle di tutela della salute e dell’ambiente.