Bruxelles – “Non mi capita spesso di piangere ma guardando sera dopo sera le immagini di questo lungo corteo di rifugiati che mi ricorda le immagini in bianco e nero della fine della seconda Guerra, che ho visto quando ero giovane, mi capita di piangere”. A commuoversi davanti al flusso inarrestabile di disperati che tentano di raggiungere l’Europa è il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker. “Non amo questa Europa egocentrica, che si chiude alle speranze e alle attese degli altri”, ammette amareggiato il capo dell’esecutivo comunitario, oggi a Madrid per ritirare il premio Nueva Economia Forum. “So bene che non possiamo accogliere sul nostro territorio tutta la miseria del mondo, ma dobbiamo almeno guardare la miseria del mondo prima di agire”, sottolinea Juncker. Cosa che oggi diversi Paesi Ue non stanno facendo.
“L’Europa non sta molto bene”, constata il presidente della Commissione, riprendendo le parole già pronunciate in occasione del discorso sullo stato dell’Unione: la crisi dei rifugiati ha messo a nudo “divisioni, rotture di solidarietà, incrinature nella coerenza”. Insomma “ci manca la solidarietà perché non ci amiamo abbastanza” mentre “l’Europa è anche una storia d’amore e come sappiamo dalla nostra vita privata, bisogna applicarsi per mantenere vivo l’amore”. Anche per questo Juncker ha deciso di convocare per domenica un summit straordinario dei Paesi dei Balcani occidentali, dove si estende un cammino diventato “drammatico” per i rifugiati.
Per il presidente della Commissione, un’Unione così divisa “zoppica” e non se lo potrebbe permettere. Siamo il continente più piccolo d’Europa, ricorda Juncker, siamo demograficamente molto deboli e lo saremo sempre di più negli anni a venire. Per questo occorre unire le forze: “Non accetto le divisioni”, chiarisce: “Non c’è un’Europa del sud e del nord, dell’est e dell’ovest. C’è una sola Europa solida unita nella sua diversità” e che “deve agire di conseguenza”.