Il trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP) che Stati Uniti e Unione Europea stanno negoziando suscita un grande allarmismo nell’opinione pubblica europea. Anche qui a Bruxelles nei prossimi giorni si attendono migliaia di manifestanti che verranno ad esprimere la loro opposizione al negoziato con gli americani. Ma ancora una volta a parlare e a scaldare gli animi sono persone disinformate che stanno facendo della questione del TTIP un’altra campagna in stile NO TAV. Una protesta a prescindere, costruita sul pregiudizio e sulla mistificazione.
Il TTIP è un accordo di libero scambio che aprirebbe i mercati americani e europei a merci oggi protette di entrambe le aree. Il timore è che questo accordo sia il cavallo di Troia che farà entrare in Europa merci americane a basso prezzo e di scarsa qualità che soppianteranno le nostre produzioni. La paura dell’invasore americano è ancora più forte nel settore culturale dove cinema e editoria sarebbero facile preda dei giganti d’oltre oceano. Gli oppositori del TTIP contestano la segretezza dei negoziati che sono condotti dalla Commissione europea, accusata di agire nel torbido, senza trasparenza e di servire altri interessi. Si dimentica però di dire che la Commissione europea negozia in base a un mandato conferitole dal Consiglio dei Ministri, cioè dall’organo che rappresenta i nostri governi e quindi gli specifici interessi nazionali. E che nel mandato negoziale è chiaramente compresa l’eccezione culturale, cioè la tutela del settore culturale che, anche con un accordo commerciale, continuerebbe a godere degli aiuti e dei sussidi attuali. Se il negoziato è segreto è perché ogni negoziato deve esserlo. Fa parte del gioco e permette di adattare la strategia a seconda di come evolve la situazione. Non si gioca a poker mostrando le carte all’avversario per trasparenza con chi guarda la partita. Il TTIP è anche una grande opportunità per le nostre produzioni di raggiungere nuovi mercati e perfino nel settore culturale non è poi detto che un’apertura sia necessariamente un danno. Ad esempio, investimenti americani nel nostro cinema non dovrebbero farci schifo.
Viene poi da chiedersi con chi altri se non gli Stati Uniti l’Unione europea dovrebbe oggi stipulare un trattato commerciale. Forse con la Cina, che in spregio a tutti i nostri principi schiavizza i suoi lavoratori, saccheggia risorse ovunque nel mondo e inquina avvelenando i suoi stessi cittadini? Forse con la Russia, che aggredisce liberi stati, assassina chi si oppone all’oligarchia al potere, prospera sull’unica risorsa del petrolio e ha lasciato la sua economia in mano alle mafie? A chi pensiamo di vendere i prodotti che devono assicurarci la tanto attesa ripresa economica?
Ma al di là di questo aspetto puramente commerciale, l’impressione è che l’atteggiamento degli oppositori del TTIP sia quello ormai consueto da questa parte dell’Atlantico della paura di qualsiasi cambiamento. Dal gorgonzola al paesaggio toscano vogliamo conservare tutto quello che ci definisce e questo è più che legittimo. Ma dobbiamo anche renderci conto che il paesaggio toscano come il gorgonzola sono il risultato di un cambiamento, sono nati dal divenire e che nulla è immutabile nel tempo. Quanto all’eccezione culturale, non ci si protegge dall’ignoranza vietandola. La grande offerta di letteratura e cinema di qualità non ha impedito anche da noi il dilagare del becerume televisivo, dei film panettone e dei giornali scandalistici. Il riparo contro le derive dell’ignoranza va costruito a monte, non a valle. Nessun trattato di libero scambio ci obbligherà mai a comperare merci che noi non vogliamo. Dipenderà da noi capire che acquistando determinati prodotti anziché altri garantiamo la sopravvivenza di un territorio, di una tradizione, di un sapere. Se un giorno saremo disposti ad acquistare un gorgonzola in polvere prodotto chissà dove, sarà perché a noi stessi non importerà più del gorgonzola tipico e questo non per colpa del TTIP. Se oggi milioni di italiani preferiscono vedere in prima serata “L’eredità” e non più Giuseppe Ungaretti che recita le sue poesie, come accadeva trent’anni fa, non è colpa di chi ha ideato e prodotto “L’eredità”. E’ colpa di chi ha lasciato che gli italiani perdessero la consapevolezza di quanto importante è la poesia nella nostra tradizione culturale. In conclusione, i contestatori del TTIP saranno credibili quando saranno disposti a scendere in piazza anche per ristabilire il primato di Giuseppe Ungaretti sui giochi a premi.