Roma – “L’Italia può essere guida dell’Europa, può essere meglio della Germania”. Lo sostiene il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, il quale attribuisce alle riforme e alla prossima legge di stabilità la capacità di far definitivamente uscire il Paese dalla crisi economica e, addirittura, di diventare un traino per l’intera Ue. Intervistato da una radio privata, il premier dà alcune anticipazioni sulla manovra che sta prendendo corpo – se ne è discusso già ieri in Consiglio dei ministri e il testo sarà presentato giovedì – e della quale si conoscono i contorni.
“Con la legge di stabilità buttiamo giù le tasse sulla casa, interveniamo sugli ammortamenti, eliminiamo Irap e Imu agricola, interveniamo sulla cultura, sul Terzo settore, apriamo le cattedre universitarie”, riassume l’inquilino di Palazzo Chigi.
Confermata dunque l’abolizione delle imposte sulla prima abitazione. Un provvedimento molto caldeggiato anche dalla parte centrista della maggioranza, che con il ministro degli Interni, Angelino Alfano, conferma l’intesa sulla cancellazione di Imu e Tasi per tutti, anche per castelli e dimore di lusso se il proprietario vi risulti residente. Bisognerà vedere se le perplessità più volte espresse dalla Commissione europea sull’argomento cadranno.
Il tetto per l’utilizzo di denaro contante verrà portato a 3 mila euro dai mille attuali. Alle critiche di chi lo vede come un regalo agli evasori, Renzi risponde che i controlli si possono fare non solo con “la Guardia di finanza che gioca a nascondino fuori dai negozi” per verificare l’emissione delle ricevute fiscali. Secondo il premier, “attraverso l’Information technology recuperi molta più evasione”.
Sarà confermato il bonus di 80 euro in busta paga per i redditi bassi, la misura che secondo gli analisti politici valse al Pd il 40,8% di consensi ottenuto alle elezioni europee dello scorso anno. Su questo, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan starebbe studiando il modo per rendere strutturale il bonus, trasformandolo in uno sgravio fiscale con il vantaggio che non risulterebbe più una spesa nel bilancio dello Stato.
Ci sarà una proroga degli sgravi contributivi per i neoassunti a tempo indeterminato con il contratto a tutele crescenti introdotto dal Jobs act. Per le assunzioni fatte nel 2016, però, la decontribuzione a favore dell’impresa dovrebbe essere dimezzata e durare solo 2 anni invece di 3. La misura “è una sorta di incentivo”, spiega il capo dell’esecutivo – “stavo per dire una sorta di ‘droga’ ma non si può dire”, scherza – e “se è un incentivo prima o poi deve finire”.
Dunque, il regime di decontribuzione terminerà per tutti nel 2018. Tuttavia, per compensare almeno in parte, Renzi promette che contestualmente “ci sarà una misura strutturale di abbassamento del costo del lavoro”. L’idea è di portare l’Ires al 24% rispetto al 27,% attuale. Il premier parla di “un livello sotto quello della Spagna” che farà diventare l’Italia “il primo paese tra quelli grandi”.
La legge di bilancio conterrà anche “un intervento serio sul regime dei minimi delle partite iva”, assicura ancora il presidente del Consiglio. Secondo le indiscrezioni emerse, il limite di reddito minimo per accedere all’aliquota forfettaria (15%) sarà alzato fino a 30 mila euro, e alle start-up sarà concesso di mantenere il regime al 5% per i primi 5 anni di attività.
Sarà introdotta la ‘digital tax’. L’imposta dovrebbe colpire i colossi del web che fanno profitti in Italia ma pagano le tasse altrove. La tassa dovrebbe prevedere due opzioni: una ritenuta del 25% per i pagamenti percepiti in Italia, oppure il trasferimento della sede sociale nel nostro Paese.
Rimane in piedi l’ipotesi di abbassare il canone Rai – in una intervista televisiva Renzi aveva dichiarato di volerlo portare a 100 euro rispetto agli attuali 113 – facendolo pagare però sulla bolletta elettrica e impedendo così che rimanga una delle tasse più evase dagli italiani.
Ciò che invece sarà escluso dalla legge di stabilità sono le pensioni. A dispetto degli annunci fatti dallo stesso premier nei mesi scorsi e fino a poche settimane fa, la manovra non conterrà alcun intervento sulla flessibilità in uscita. Una riforma si farà, garantisce Renzi, ma “non arraffazzonata”. Dunque la questione è rinviata perché il governo vuole essere sicuro “di non fare pasticci”, spiega il premier, anche se sembrano aver pesato di più i moniti di Padoan sui costi immediati delle misure in oggetto.
In ogni caso, l’inquilino di Palazzo Chigi non ha tutti i torti a voler prendere tempo – promette di fare la riforma in pochi mesi nel 2016 – dal momento che le conseguenze “di alcune leggi fatte in maniera improvvisata in passato ammontano ad alcuni miliardi di euro”, sottolinea. Il riferimento malcelato è alla questione esodati prodotta dalla riforma Fornero, che ha lasciato in molti senza lavoro e senza pensione. Per rimediare, finora, sono stati approvati 6 provvedimenti di salvaguardia dai vari governi che si sono succeduti. Il settimo sarà adottato proprio con la prossima legge di stabilità.