Roma – Ignazio Marino ha formalizzato le dimissioni da sindaco di Roma annunciate giovedì scorso. Per molti osservatori è una vittoria del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che in effetti da mesi era in rotta di collisione con il primo cittadino della Capitale, esponente del Pd, responsabile secondo il premier di non aver saputo gestire il patrimonio di consensi – Marino fu eletto al ballottaggio con il 64% di voti contro il sindaco uscente Gianni Alemanno – guadagnato dal Pd nella Città eterna.
Un consenso che si è eroso a partire dall’inchiesta su ‘Mafia Capitale’, e che Marino ha contribuito a disperdere con criticatissimi viaggi all’estero – l’ultimo, negli Stati uniti in concomitanza della visita di Papa Francesco, gli è valso perfino un attacco da parte del pontefice – e l’utilizzo della carta di credito comunale per spese personali, emerso da un rendiconto pubblicato dallo stesso sindaco dimissionario che però ha già restituito tutto alla tesoreria del Campidoglio.
Per il capo dell’esecutivo e segretario del Pd è una nuova gatta da pelare che arriva dal partito. Un problema che si apre quando sembrava esse tornata un po’ di calma al Largo del Nazareno, con la ricomposizione degli attriti tra Renzi e la minoranza dem sulla riforma costituzionale, che domani dovrebbe ottenere senza problemi il via libera al Senato.
“Da segretario Pd – ha dichiarato ieri Renzi a ‘Che tempo che fa’, su Rai 3 – non so se si è rotto qualcosa tra Marino e il Partito democratico”. Piuttosto, ha proseguito, si è rotto “con la Città”. È questo il principale problema per il premier. Recuperare credibilità agli occhi degli elettori della Capitale, con un partito che però a Roma è lacerato, e rimediare al danno di immagine che le vicende romane hanno inevitabilmente proiettato su base nazionale. Il tutto in vista di elezioni amministrative che, a primavera, chiameranno alle urne i cittadini di importantissimi capoluoghi come Milano e Napoli, ai quali a questo punto si aggiunge Roma.
Per il momento il premier pare prendere le distanze. Si limita a indicare quello di Alfonso Sabella – l’assessore capitolino alla Legalità dato come favorito per traghettare il Comune alle elezioni – come “un ottimo nome, ma chi sarà il commissario” prefettizio che sostituirà Marino “lo decide il prefetto di Roma” Franco Gabrielli, ha precisato.
E anche sul futuro candidato Pd al Campidoglio non sarà Renzi a decidere: “Non scelgo io il sindaco – ha dichiarato – non può essere il segretario del Pd a scegliere, saranno i cittadini” a farlo. Il premier pare dunque orientato a lasciare che il candidato del suo partito venga espresso attraverso elezioni primarie, nonostante molti esponenti dem locali vogliano evitarle.