Roma – Il piano di ricollocamento dei richiedenti asilo è partito ufficialmente stamattina dall’Italia. Il volo con 19 eritrei, tra i quali 5 donne, decollato da Ciampino alla volta di Lulea, in Svezia, è importante “non per il numero” di migranti che trasporta – pochi rispetto ai 160mila da riallocare nei prossimi due anni – ma per “il valore simbolico” che ha: segna concretamente l’avvio del piano europeo per la gestione dell’immigrazione. Sono concordi nel sottolinearlo, assistendo alla partenza del volo, il ministro degli Interni Angelino Alfano, il commissario europeo per le migrazioni Dimitris Avramopoulos e il titolare degli Esteri lussemburghese Jean Asselborn, il cui Paese detiene la presidenza di turno dell’Ue.
Alfano ribadisce che si tratta di “una vittoria dell’Europa che salva vite umane e accoglie chi scappa da guerre”. Avramopoulos è altrettanto soddisfatto del “segno tangibile” che il piano europeo per l’immigrazione sia finalmente partito, nonostante “i contrasti in seno al Consiglio europeo” ricordati da Asselborn, secondo il quale “non è stato positivo per l’Ue dover ricorrere ai trattati” facendo valere una decisione approvata a maggioranza.
Al di là della soddisfazione, però, il commissario europeo precisa che il programma di ricollocamento “ha delle regole” e “non prevede che i richiedenti asilo scelgano dove andare”. È chiaro che “noi non costringiamo nessuno ad accettare il Paese al quale vengono assegnati”, prosegue, ma a chi si rifiuta “non verrà concesso lo status di rifugiato” e “purtroppo dovrà tornare da dove proviene”. Il motivo è che “ogni Stato membro è in grado di offrire la stessa accoglienza” ai rifugiati. Dunque, fatte salve le necessità legate ai ricongiungimenti familiari, che verranno prese in considerazione, non ci sarà alcuna possibilità di scelta.
A fianco al ricollocamento di chi ha diritto all’asilo, tutti sottolineano l’importanza di rimpatriare chi non ha titolo, con Alfano che insiste sul fatto che “debba essere l’Europa a farsene carico”. Per procedere è fondamentale fare una distinzione dei migranti già all’arrivo, negli hotspot che “i Paesi interessati – sostanzialmente Italia e Grecia – “devono far partire il prima possibile”, indica Avramopoulos, il quale è ripartito con Asselborn subito dopo la cerimonia alla volta di Lampedusa, dove i due visiteranno il primo centro di smistamento messo a punto dal nostro Paese.
Negli hotspot si dovrà procedere a “identificare, registrare e prendere le impronte digitali di tutti i richiedenti asilo”, ricorda il commissario europeo. Dunque bisognerà superare le resistenze di chi ancora rifiuta l’identificazione. Un problema che, secondo Alfano, si risolverà grazie all’avvio dei ricollocamenti. Sarà questo “l’incentivo” a farsi identificare, ritiene il ministro, dal momento che “chi oggi si rifiuta, lo fa perché vuole andare in un altro Paese”, cosa finora impossibile in virtu del regolamento di Dublino che impone di fare domanda nel Paese di primo arrivo. Ma adesso che si è aperto “un canale legale” per andare in altri Stati membri, bypassando le regole sul diritto di asilo, la questione per il capo del Viminale non si porrà più. E chi continuerà comunque a rifiutarsi di dare le impronte digitali? Il ragionamento è che evidentemente sa di non avere titolo per richiedere asilo, dunque verrà mandato nei Cie (Centri di identificazione ed espulsione) prima di essere rimpatriato.