Roma – A settembre si è registrato un calo del flusso migratorio diretto in Italia attraverso il Mediterraneo. Lo ha spiegato in audizione davanti al Comitato Schengen Enrico Credendino, l’ammiraglio italiano a capo di EunavforMed, missione Ue contro gli scafisti nel Mediterraneo. Secondo l’ufficiale, il calo è avvenuto grazie all’annuncio del passaggio alla fase due delle operazioni, quella partita ieri e che prevede un intervento operativo contro i trafficanti nelle acque internazionali. La comunicazione dell’avvio del secondo step “ha avuto un effetto deterrente”, secondo Credendino. La conseguenza è che “attualmente il 73% dei migranti sceglie la rotta a Est, quella che passa per i Balcani”, ha aggiunto, mentre “quando è partita Eunavfor Med il flusso proveniva per il 50% dal Sud e per il 50% da Est”.
Sebbene abbia ricordato che, a differenza di Mare Nostrum, la missione Ue non abbia la ricerca e il salvataggio in mare come finalità principale, l’ammiraglio ha sottolineato come “nei primi 108 giorni di attività” siano stati salvati “3.076 migranti, tra cui la piccola Sofia che ha dato il nome all’operazione”. Il soccorso in mare, infatti, rimane “un obbligo internazionale e un obbligo morale” e dunque è “la priorità di ogni marinaio”, ha precisato.
Sono 16 gli scafisti arrestati grazie all’intervento europeo. Sulle loro modalità di azione, Credendino ha rivelato che prediligono l’utilizzo di barconi di legno, i quali hanno una maggiore capacità di carico e possono garantire ai trafficanti “fino a 400 mila euro” di introiti per ogni viaggio. Anche i gommoni vengono utilizzati, ma in questo caso il guadagno delle organizzazioni criminali può raggiungere al massimo i 70 mila euro e, una volta utilizzata, l’imbarcazione diventa inservibile al contrario di quelle in legno.
Proprio il riutilizzo delle barche è un punto nodale del contrasto al traffico di esseri umani. La strategia degli scafisti prevede la partenza di due natanti: uno con il carico di migranti e l’altro con i criminali che fanno da scorta fino al raggiungimento delle acque internazionali. Lì lanciano la chiamata di soccorso e poi rientrano. Il loro obiettivo è far sì che siano i mercantili a prestare il soccorso, perché una volta tratti in salvo i migranti lasciano il barcone alla deriva e i trafficanti possono recuperarlo per riutilizzarlo in altri viaggi.
È principalmente in questo passaggio che interviene operativamente la missione Ue, almeno finché non si passerà alle fasi successive, ha spiegato Credendino. Anche Eunavfor Med usa due imbarcazioni per gli interventi: una effettua il soccorso mentre l’altra insegue gli scafisti impedendo il recupero del barcone e provando ad arrestarli.
Per il passaggio alle fasi successive – l’estensione delle operazioni alle acque territoriali libiche ed eventualmente alla costa per colpire i barconi ancorati nei porti – serve una risoluzione dell’Onu che “in teoria potrebbe arrivare anche senza una formale richiesta delle autorità libiche”, ricorda l’ufficiale di Marina. “Ma di fatto ciò non avverrà perché Russi e Cinesi, membri permanenti del Consiglio di sicurezza, opporranno il loro veto” se l’intervento non sarà richiesto da un governo di unità nazionale.
La formazione di un esecutivo libico è necessaria non solo per la risoluzione Onu ma anche perché la missione Ue ha bisogno della collaborazione operativa dei libici, ha dichiarato Credendino. “Noi non vogliamo fare danni collaterali, non possiamo farne” perché c’è scritto espressamente nel mandato della missione, ha indicato, e dunque “bisogna che qualcuno ci dica quali sono le imbarcazioni da distruggere e quali le strutture” utilizzate dai trafficanti. Per questo “la fase tre” della missione “va fatta con i libici ed è difficile pensare di farla senza di loro”, ha concluso l’ammiraglio.