Bruxelles – Ai rifugiati non può essere imposto di risiedere in una determinata città all’interno di uno Stato, nel quale invece deve essere garantita la libertà di circolazione, a meno di “concrete situazioni” e per “seri motivi” di politica migratoria.
Lo sostiene in un suo parere per la Corte di Giustizia dell’Ue l’avvocato generale Pedro Cruz Villalón, secondo il quale “obbligare i beneficiari dello status di protezione sussidiaria a risiedere in un determinato luogo costituisce una restrizione della libertà di circolazione all’interno di uno Stato membro”. Di norma la Corte, nella sua sentenza che verrà, pur non essendo obbligata a seguire il parere dell’Avvocato vi si uniforma. La questione è nata in Germania e riguarda due cittadini siriani ai quali era stato imposto l’obbligo di residenza. Secondo Cruz Villalon non soddisfa “i dettami del principio di proporzionalità il fatto di trattare in modo differente i rifugiati e i beneficiari di protezione sussidiaria – percettori, in entrambi i casi, di prestazioni sociali – imponendo a questi ultimi l’obbligo di residenza giustificato dall’obiettivo di un’equilibrata ripartizione territoriale degli oneri delle prestazioni sociali”. E dunque “l’obbligo di residenza basato sulla giustificazione suddetta risulta contrario” alle norme sulla libera circolazione.
Quanto alla giustificazione dell’amministrazione tedesca basata su ragioni di politica migratoria o dell’integrazione, l’Avvocato generale afferma che “l’obbligo di residenza è compatibile con la direttiva soltanto se tali ragioni sono sufficientemente serie e sono collegate a situazioni di fatto concrete, e non sono sufficienti motivi astratti collegati a considerazioni di politica migratoria e dell’integrazione, e che la limitazione dovrà bensì rispondere a ragioni rilevanti collegate a concrete considerazioni in materia di politica migratoria e dell’integrazione (ad esempio, in caso di evidenti tensioni sociali, con turbamento dell’ordine pubblico dovuto alla concentrazione di un numero significativo di beneficiari di protezione internazionale, percettori di prestazioni sociali)”.