Bruxelles – La sentenza della Corte di giustizia dell’Ue, che stabilisce che i Paesi europei possono sospendere il trasferimento dei dati verso gli Stati Uniti perché lì non c’è un livello di protezione dei dati personali adeguato, spinge la Commissione “a continuare a lavorare a un quadro rinnovato e sicuro per il trasferimento di dati personali attraverso l’Atlantico”. Il primo vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, cerca di evitare drammi nel commentare la sentenza di oggi, perché “continuare con il trasferimento del flusso di dati è importante per la nostra economia”, ma servono le giuste tutele. E questo flusso, anche con la sospensione di Safe Harbour, l’accordo che facilita il trasferimento di dati tra Stati Uniti e Unione Europea, potrà continuare tranquillamente in quanto “le regole Ue sulla protezione dei dati forniscono altri meccanismi per assicurare un trasferimento sicuro”, garantisce la commissaria alla Giustizia Vera Jourová che ha affermato anche che dallo scoppio del gaso DataGate in seguito alle rivelazioni di Edward Snowden “la Commissione aveva individuato le debolezze di Safe Harbour e da allora ha incessantemente lavorato per rivedere accordo”, e sono “stati fatti progressi importanti”.
Non esattamente della stessa opinione Joe McNamee, direttore esecutivo di European Digital Rights, secondo cui “Safe Harbor era viziato in linea di principio e viziato nella pratica”, e “dopo la sentenza dello scorso anno sulla conservazione dei dati, questa è la seconda volta in due anni che la Corte di giustizia ha abbattuto uno strumento che la Commissione europea aveva passato anni a difendere”. Manferd Weber, capogruppo dei popolari al Parlamento Ue, chiede all’esecutivo “di iniziare subito dei nuovi negoziati per proteggere la privacy degli europei”.
Per Helmut Scholz, responsabile del Commercio per la Sinistra Unita Gue, questa sentenza “ha delle conseguenze su uno dei punti chiave del Ttip”, l’accordo di libero scambio tra Usa e Ue, e perciò la Commissione “deve sospendere immediatamente i negoziati riguardanti questo capitolo”. Scholz ricorda anche che già nel 2014 il Parlamento europeo aveva chiesto la sospensione dell’accordo Safe Harbor e lo stesso fa la delegazione francese del gruppo socialista che definisce la protezione dei dati personali “una linea rossa” e accusa l’esecutivo di non aver ascoltato i deputati allora e la sfida “a ritrovare il suo ruolo di guardiano dei trattati e dell’interesse generale dell’Unione europea presentando ora una proposta ambiziosa”.