Bruxelles – “I raid contro lo Stato islamico siano davvero rivolti contro lo Stato islamico”. Anche la Commissione europea si unisce agli appelli che da mezzo mondo stanno arrivando alla Russia. Da due giorni Mosca ha iniziato raid sulla Siria che dovevano essere rivolti contro le postazioni dell’Isis ma che, secondo molti, stanno in realtà prendendo di mira le postazioni dei ribelli anti-Assad. “Siamo estremamente preoccupati dalle notizie secondo cui gli attacchi sono stati indirizzati verso civili e le città di Homs, Hama e Idlib”, commenta la portavoce per gli Affari esteri della Commissione europea, Catherine Ray: “Facciamo appello alle autorità russe – continua – perché i loro sforzi siano chiaramente mirati alla lotta contro il terrorismo”. È importante, continua la commissione “che gli attacchi siano coordinati” e che “siano davvero rivolti verso Daesh”. L’Ue, ricorda la portavoce dell’esecutivo comunitario, “non è impegnata in alcuna attività militare contro Daesh” e ritiene che in parallelo agli attacchi sia necessario “iniziare un processo politico che porti ad una transizione pacifica e inclusiva sotto la guida delle Nazioni Unite”. Processo in cui l’Unione europea “è pronta a giocare il suo ruolo”.
Una “forte preoccupazione” per i raid russi viene intanto espressa anche dal ministero degli Esteri turco in una dichiarazione congiunta con i Paesi della Coalizione guidata dagli Usa che combattono contro il sedicente Stato islamico. “Esprimiamo la nostra forte preoccupazione in merito alla crescita militare russa in Siria e in particolare agli attacchi dell’Aeronautica russa su Hama, Homs e Idlib, che hanno causato vittime tra i civili e non hanno colpito Daesh”, recita un comunicato congiunto. Il pentagono, intanto, è in contatto con Mosca e nel corso di una lunga videoconferenza nella notte avrebbe insistito perché l’azione si concentri sul contrasto all’Isis e non contro l’opposizione al regime del presidente siriano. Lo stesso messaggio ribadito anche dal Segretario di Stato americano, John Kerry, che ha ribadito: “La cosa importante è che la Russia non indirizzi le sue azioni contro altri che non sia l’Isis. Questo è chiaro e lo abbiamo fatto presente in maniera chiara”.
Secondo fonti ufficiali del stesso dipartimento della difesa citate dalla stampa, il Pentagono starebbe anche “valutando” se gli Stati Uniti debbano usare la forza militare per proteggere i ribelli anti-Assad da essi addestrati in Siria se questi vengono bersagliati dai raid della Russia. Si starebbero valutando i pro e i contro e i rischi connessi a un’eventuale uso della forza in risposta agli attacchi russi, in particolare quello di una pericolosa escalation di contatti armati tra Russia e Stati Uniti. Del resto nei mesi scorsi dirigenti americani hanno reso noto che i ribelli addestrati in America – che al momento si calcola siano un’ottantina operativi in territorio siriano, soprattutto nel nord – avrebbero ricevuto appoggio dalle forze aeree nel caso di attacchi da parte delle truppe di Assad o dell’Isis.
Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, i raid russi hanno già fatto almeno sette vittime tra i civili, inclusi due bambini e alcune donne. Secondo Al Jazira, poi, i i jet russi hanno bombardato Qaryatain, città siriana nella provincia di Homs controllata dall’Isis, dove decine di cristiani, tra i quali padre Jacques Murad, sono praticamente tenuti in ostaggio. Accuse da cui Mosca si difende assicurando che nelle ultime 24 ore, sono stati effettuati in Siria 18 raid contro 12 obiettivi dei terroristi, distruggendo tra l’altro un posto di comando, un nodo di comunicazione, bunker, depositi di armi e carburanti e un campo di addestramento dell’Isis.