Bruxelles – È vero che tutti i problemi, affrontati durante una buona cena al ristorante, possono apparire meno gravi. Ma forse si sono spinti troppo oltre i lobbisti di Ikea che hanno tentato di applicare la teoria che potrebbe andare bene al massimo per una coppia di fidanzati in crisi, agli eurodeputati della Commissione speciale del Parlamento europeo istituita per fare luce sulle agevolazioni fiscali concesse ad alcune multinazionali, tra cui appunto il colosso svedese. “Discussione informale sulle tasse”, questo il titolo della mail che alcuni giorni fa i deputati della Commissione si sono visti recapitare nella casella di posta elettronica. E il contenuto andava dritto al sodo, invitando i parlamentari ad un “pranzo informale” in un ristorante greco di Bruxelles con Steve Howard, un membro della direzione del gruppo e Kristenn Mattsson, responsabile Finanza e Tasse per l’azienda. L’intenzione, parlare di “sistemi di controllo internazionali equi, trasparenti e chiari”, chiariva l’invito.
Peccato che in molti, di trasparente e chiaro ci abbiano visto poco e niente, e il pranzo non c’è stato. Ikea è stata pesantemente coinvolta dall’esplosione dello scandalo Luxleaks che aveva fatto tremare anche il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker. Il colosso svedese figura infatti tra le aziende a cui il Lussemburgo avrebbe concesso regimi agevolati per pagare meno tasse. Per questo i rappresentanti di Ikea, così come quelli di molte altre multinazionali coinvolte nello scandalo, erano state invitate a discutere della faccenda davanti alla commissione speciale in Parlamento. Invito che moltissimi hanno rifiutato: da Amazon a Barclays, da Fiat Chrysler a Google, fino a McDonalds e Coca Cola. Un atteggiamento che ha mandato su tutte le furie la commissione parlamentare che ha anche minacciato di ritirare il badge di accesso dei lobbisti al Parlamento europeo fino a quando qualcosa non fosse cambiato.
Ma a Ikea sembra non mancare la voglia di parlare. Solo i rappresentanti dell’azienda preferiscono farlo in via confidenziale in un bel ristorante di Bruxelles, piuttosto che in una scomoda aula del Parlamento dove tutto rimane scritto e registrato. “Ikea affronti la discussione sulle loro pratiche fiscali, in modo pubblico, davanti al Parlamento europeo, non a cena in un ristorante”, commenta Roberto Gualtieri, eurodeputato Pd membro della Commissione speciale sui tax rulings, oltre che presidente della Commissione economica del Parlamento. Per affrontare il caso con il gruppo Ikea “che da solo copre più di 100 pagine dei documenti relativi allo scandalo Luxleaks”, chiarisce Gualtieri, “non è sufficiente un invito a carattere informale, a cena fuori, come quello che il gruppo Ikea ha proposto agli europarlamentari”. Per questo i deputati del gruppo S&D non intendono “accettare questo comportamento”, per una questione di “trasparenza nell’interesse dei cittadini, per far sì che i responsabili delle multinazionali coinvolte siano chiamati ad esprimersi esclusivamente nel corso di un’audizione pubblica”.
Per Sven Giegold, eurodeputato Green e anche lui membro della commissione, “è impertinente rifiutare l’invito della commissione e poi volere discutere in formato lobby”. Questo, sostiene Giegold parlando con Der Spiegel “è un problema che deve essere discusso in pubblico, non in qualche stanza sul retro”. Dure anche le parole di Peter Simon, portavoce del gruppo socialista nella commissione sulle tasse, secondo cui Ikea è “senza vergogna”per avere prima mostrato “disprezzo” per il lavoro pubblico della commissione e poi avere avuto “l’insolenza” di volere affrontare la cosa con un invito a pranzo.