Bruxelles – La riforma della normativa sulle cartolarizzazioni annunciata dalla Commissione europea dovrebbe contribuire, nelle intenzioni dell’Esecutivo comunitario, a rilanciare questo strumento di finanziamento delle aziende (e quindi della cosiddetta “economia reale”), che gode di pessima reputazione da quando proprio alcuni prodotti finanziari cartolarizzati, estremamente complessi e oscuri, i “subprime”, hanno provocato nel 2007-2008 un collasso del sistema finanziario, prima negli Stati Uniti e poi trasmesso all’Europa e al resto del mondo.
Non è un mistero, d’altra parte, che il presidente della Bce, Mario Draghi, stia spingendo da anni per il rilancio delle cartolarizzazioni “buone” come strumento per raccogliere investimenti per le imprese, in un contesto in cui le decisioni di politica monetaria non riescono ad essere trasmesse efficacemente all’economia reale.
La cartolarizzazione è il processo con cui un soggetto che eroga un prestito, come una banca, crea uno strumento finanziario raggruppando attività che gli investitori possono acquisire (ad esempio prestiti per l’acquisto di automobili o prestiti a Pmi). Ciò consente alle imprese di rivolgersi a una più grande varietà di investitori, aumentando la liquidità e liberando capitali bancari per nuovi prestiti.
Per rendere di nuovo attrattivi questi prodotti per gli investitori, la Commissione europea propone di istituire un quadro normativo che garantisca cartolarizzazioni “di alta qualità” riconoscibili, che saranno “semplici, trasparenti e standardizzate” (“Sts”), e soggette a un’adeguata vigilanza da parte delle autorità competenti nazionali ed europee.
I soggetti che emetteranno le cartolarizzazioni potranno utilizzare una sorta di “etichetta di qualità” Sts se rispetteranno una serie di rigorosi criteri prefissati, e sottoposti a verifica da parte di qualunque investitore in piena trasparenza. Le cartolarizzazioni etichettate “Sts” avranno un trattamento più favorevole per quanto riguarda le norme prudenziali, poiché potranno ridurre del 25% i requisiti di capitale rispetto ai prodotti finanziari analoghi ma non “Sts”.
Il sistema che immagina la Commissione (sulla base di input venuti innanzitutto dalla Bce, dall’Eba – l’Autorità bancaria europea al di fuori dell’Eurozona – e dalla Bank of England) implica anche che gli investimenti nell’Ue diventino meno dipendenti dalla agenzie di rating, spesso additate come responsabili non secondarie della crisi dei “subprime”, dei quali non avevano minimamente segnalato l’estremo rischio. Con le informazioni sulle imprese standardizzate e verificate secondo i criteri “Sts”, saranno le imprese stesse a fornire una sorta di “rating” di sé stesse, interno, magari anche più affidabile di quello fornito dalle agenzie esterne specializzate, hanno spiegato fonti della Commissione.
Questo sistema, inoltre, permetterà un relativo allentamento, adeguandolo al contesto Ue, del giro di vite che era stato dato con la revisione delle norme prudenziali di Basilea, a seguito della crisi dei “subprime”. I nuovi requisiti di capitale, tarati per il mercato americano, risultano infatti eccessivi per gli operatori europei (e in particolare italiani). “Le perdite nel sistema Usa, con i ‘subprime’, sono state oltre cento volte superiori a quelle registrate nell’Ue: le cartolarizzazioni con tripla A fallite in America sono state il 16% del totale, mentre in Europa hanno raggiunto appena lo 0,1%”, hanno sottolineato le fonti della Commissione. Secondo le fonti, le cartolarizzazioni “Sts” potrebbero rappresentare il 70-80 per cento di tutte quelle “publicly traded” nell’Ue.
Nel 2014, sono state emesse nell’Unione europea cartolarizzazioni per un ammontare pari a 216 miliardi di euro; secondo le stime della Commissione, se tornassero ai livelli di emissione medi pre-crisi, “sarebbe possibile generare tra i 100 e i 150 miliardi di euro di finanziamenti supplementari per l’economia”. Nel periodo fra il 2001 e il 2008, le cartolarizzazioni nell’Ue erano restate su un livello medio annuale di 374 miliardi di euro.
Lorenzo Consoli per AskaNews